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Congedi parentali, aumentano i papà

La (lenta) crescita degli uomini che staccano dal lavoro per stare accanto ai figli: nel pubblico molto più che nel privato



TRENTO. Aumentano (anche se lentamente) i padri trentini che chiedono - al pari delle madri - il congedo parentale: una tendenza che si verifica sia per i dipendenti pubblici (dove il numero di congedi richiesti dai maschi è maggiore) sia per i lavoratori del settore privato, dove il fenomeno però è ancora piuttosto limitato. E c’è una tendenza all’aumento anche dei giorni di assenza dei padri, che tradizionalmente staccano dal lavoro per periodi più brevi rispetto alle madri.

I numeri

Secondo i dati Inps (relativi ai lavoratori privati) sono stati oltre mille i padri del Trentino Alto Adige (il dato è regionale) a chiedere un congedo parentale nel 2013, pari al 15 per cento dei congedi totali richiesti (le madri sono quindi l’85 per cento dei richiedenti). Ma la percentuale si alza notevolmente nell’ambito del pubblico impiego. Ad esempio tra i dipendenti della Provincia di Trento (escluso il settore della scuola) i padri che chiedono il congedo sono ormai un quarto rispetto alle madri.ù

Il confronto con le altre Regioni

Da uno studio diffuso nei giorni scorsi dal broker assicurativo Assiteca (su dati Inps) emerge che i trentini (sebbene lontanissimi dal record dei padri siciliani, 34%, e laziali, 18%)con il 15 per cento di congedi parentali richiesti parrebbero più attaccati alla famiglia rispetto agli uomini di Veneto, Lombardia e Piemonte (dove la percentuale è attorno all’8 per cento). Simile al Trentino è la Valle d’Aosta, dove il padre chiede il congedo parentale nel 14 per cento dei casi.

La durata

Le donne chiedono congedi più lunghi rispetto agli uomini, ma anche questo dato è in lenta evoluzione. Prendendo in considerazione l’amministrazione provinciale (dove il livello di “parità” tra genitori è elevato rispetto ad altre realtà) nel 2012 i giorni totali chiesti dai padri erano circa il 14 per cento rispetto alle assenze delle madri, una percentuale che l’anno successivo era salita al 18 per cento per poi assestarsi (anche per il 2015) sullo stesso livello.

La differenza retributiva

La differenza tra le richieste di padri e madri non è dovuta solamente a un fatto socio-culturale, ma si spiega anche con il meccanismo con cui sono concessi i congedi parentali: al termine del congedo obbligatorio per la madre, infatti, la retribuzione viene ridotta e quindi se l’uomo (come è probabile, statistiche alla mano) gode di uno stipendio superiore, allora è meno conveniente che sia lui a stare a casa invece della madre. Ecco (anche) perché sono pochi i padri con inquadramento contrattuale elevato che scelgono di chiedere un congedo parentale.

In Provincia il calo dei congedi

Al di là del rapporto fra i congedi richiesti dai padri e dalle madri, all’interno dell’amministrazione provinciale risulta una diminuzione costante dei congedi chiesti dai genitori negli ultimi anni. Ma questo - spiegano i responsabili del personale - è dovuto semplicemente all’«invecchiamento» dei dipendenti provinciali che hanno già superato il “boom” di maternità che si è registrato negli anni scorsi, senza che si sia verificato un ricambio all’interno dell’amministrazione, con l’assunzione di giovani dipendenti.

Ora fino a 12 anni

Il jobs act ha elevato da 8 a 12 anni l’età (del bambino) fino a cui è possibile usufruire dei congedi. E la Provincia - con l’obiettivo di incentivare ulteriormente i padri a stare vicini ai figli - ha portato a 12 anni il termine per il sostegno economico (30 per cento dello stipendio fino a un massimo di 900 euro) già previsto per i padri lavoratori dipendenti del settore privato. (a.s.)













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