Collini suicida: il re degli appalti trentini finito nella polvere per tangenti

Il 56 enne imprenditore originario di Pinzolo aveva creato una delle più importanti aziende di costruzioni del Nord. Dopo la bufera aveva trovato lavoro nella comunità Exodus di don Mazzi



TRENTO. Stava cercando di ricostruirsi una vita Fabrizio Collini, l'imprenditore 56enne trentino finito in carcere per tangenti nel 2008 e morto suicida da un viadotto dell'autostrada in Liguria. Da poco, riferiscono i suoi legali, Collini aveva trovato lavoro nella comunità Exodus di don Mazzi e nessuno si aspettava che la situazione precipitasse con un gesto simile.

A Pinzolo chi stava in cattedra ce lo descrive ancora oggi come ragazzo diligente, educato, un po' riservato. Fabrizio Collini era di indole molto buona, sempre disponibile nei confronti dei compagni nonostante la differenza di classe sociale. La sua era la famiglia più in vista di Pinzolo, apparteneva all'aristocrazia del paese. Il padre Fausto, ingegnere, era titolare dell'impresa Collini con i fratelli Clemente, Remo e Leone (quest'ultimo padre padrone della ditta, quello che decideva).

Una delle imprese storiche di Pinzolo, la Collini. Prima della guerra si dedicava alla costruzione di case (fra i suoi lavori la costruzione dell'Hotel Excelsior a Madonna di Campiglio), durante il conflitto mondiale lavorò per la Todt nella costruzione di strade e di altri manufatti. Con il ritorno alla pace, poi, si dedicò ai lavori stradali, ai ponti, alle gallerie e quant'altro: uscì ben presto dall'ambito valligiano per assumere dimensioni sempre più consistenti.

Del 1948 è la costruzione della via che porta in Val Genova: trasferì la sede a Trento e a Milano, si unì ad altre ditte (Codelfa Collini -Delfavero) e intraprese lavori di grande respiro, in Calabria, in Sicilia, a Roma (gallerie sotto la città in vista dell'Anno santo), il bypass di Campiglio, le gallerie sulla gardesana. Nel 1975 l'ingegner Fausto morì. La villa di famiglia tra Pinzolo e Giustino venne venduta e la famiglia si trasferì a Milano. Fabrizio in paese si vedeva poco. Lo hanno visto per i 30 anni della morte del padre.

Morti i quattro fratelli, l'impresa è passata ai figli Paolo, Sergio e Fabrizio, cugini tra loro, che la gestiscono anche attualmente. Sergio ne rappresenta l'anima imprenditoriale, Fabrizio curava le relazioni e gli aspetti organizzativi burocratici. Da mettere in rilievo che nell'inchiesta Giano bifronte era coinvolto il solo Fabrizio Collini. Per lui gli arresti scattarono il 16 settembre 2008. La Guardia di Finanza e la Procura gli contestavano vari episodi di corruzione e una serie di reati di natura sessuale. Per questi ultimi l'imprenditore patteggiò una pena di 14 mesi nell'ottobre del 2009, mentre patteggiò 27 mesi nell'aprile di quest'anno per corruzione e turbativa d'asta.

Risarcì il danno erariale pagando una cifra superiore agli 8 milioni di euro allo Stato. Altri 560 mila euro andarono alla Provincia, 100 mila all'Istituto de Tschiderer e 60 mila euro all'Air Rotaliana. Nell'inchiesta venne coinvolto anche l'ex assessore provinciale ai lavori pubblici ed ex presidente dell'A22 Silvano Grisenti, poi condannato in primo grado a 4 mesi per corruzione impropria per aver sollecitato a Collini la sponsorizzazione di squadre sportive.

A Collini veniva contestato di aver cercato di pilotare, offrendo una tangente di 200 mila euro, la gara per la realizzazione di una galleria idraulica dell'Air Rotaliana. Contestazioni anche per la gara per la nuova sede dell'Istituto per ciechi beato de Tschiderer e per la nuova bretella di Lavis.

Al momento di patteggiare 14 mesi per i reati sessuali, raccontò pubblicamente di essere affetto da gravi problemi di salute. Collini aveva sempre negato ogni responsabilità per i reati sessuali e aveva detto di non aver mai voluto coinvolgere minorenni. Al momento del patteggiamento era dimagrito di 24 chili e spiegò: «Ho affrontato questi fatti con me stesso e con la mia famiglia. Non mi sento di affrontarli, però, dal punto di vista giudiziario perché in questo momento devo guarire».













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