Collini, ricostruiti gli ultimi tragici giorni dell'imprenditore

Il legale: «Suicidio preparato. Non sopportava la vita lontano dai cantieri»


Luca Petermaier


TRENTO. «Il suo spettro era il futuro, l'impossibilità di tornare in cantiere. Quella era la sua vita, una vita che aveva dovuto abbandonare per sempre». Famigliari a parte, l'avvocato Monica Baggia è la persona che forse ha frequentato più di altri Fabrizio Collini negli ultimi due anni. La sua è una riflessione franca: «Le accuse sessuali hanno minato la sua prospettiva futura». Avvocato Baggia, Fabrizio Collini aveva patteggiato la sua pena, aveva risarcito lo Stato, stava per ritornare a lavorare. Aveva superato anche lo choc del ritorno in libertà che ti mette faccia a faccia con gli altri. Perché ha deciso di uccidersi? «Credo perché aveva paura di ciò che lo aspettava. Temeva di non poter tornare più sui cantieri, la cosa che più desiderava. Non accettava di non poter più tornare a dirigere la sua società. Questo, secondo me, l'ha gettato nello sconforto».  Lei l'aveva visto pochi giorni fa. Eravate costantemente in contatto: come stava? «Preparavamo l'udienza per l'affidamento in prova. Per ottenerlo gli serviva un lavoro che aveva trovato alla cooperativa Exodus di don Mazzi. Il suo atteggiamento era positivo, si dava da fare. Era stato qui nel mio studio martedì scorso.».  Tornava spesso a Trento? «Non più. Diceva che con Trento aveva chiuso per sempre e gli dispiaceva moltissimo. Ci veniva solo per incontrare noi avvocati (nel collegio di difesa c'è anche l'avvocato Marco Stefenelli, ndr) e poi ripartiva subito».  Vergogna? «Sì, preferiva stare lontano da qui. Questo era stato un luogo che lo aveva visto protagonista. Non sopportava di doversi nascondere».  Secondo lei c'è un Collini buono e uno cattivo? «Non saprei rispondere sul Collini cattivo. I reati legati alla sua attività di imprenditore non li aveva mai vissuti come una pagina buia della sua vita. Era consapevole di aver commesso degli errori, ma altrettanto consapevole che in quel mondo in molti fanno così».  Si giustificava? «In un certo senso».  E i reati sessuali? Quelli lo facevano sentire più "cattivo"? «Quella è stata una pagina della quale anche con noi non ha mai parlato volentieri. Di certo è stata la parte dell'inchiesta che ha modificato il suo atteggiamento verso il futuro: forse per la sola corruzione non avrebbe cambiato città e vita. Non credo si sia suicidato per la vergogna dei reati sessuali, ma quelle contestazioni lo hanno condizionato in molte scelte e in molti atteggiamenti verso l'esterno».  Qualcuno già accenna all'ipotesi che questa morte sia il risultato di una sorta di "persecuzione" della giustizia: Collini si sentiva un perseguitato? «Nel modo più assoluto. Non ha mai manifestato rancore verso gli inquirenti, pur consapevole che la giustizia con lui non era stata tenera, anzi».  Il suicidio è stato un gesto improvviso? «Non penso. In macchina sono stati trovati molti biglietti con cui Collini indicava i numeri da chiamare quando avessero trovato il suo cadavere. E lo stesso imprenditore, in un altro luogo, ha lasciato delle lettere alla famiglia».  Secondo lei perché si trovava a Genova? «Non certo per lavoro. E non credo sia un caso abbia scelto quel viadotto così alto. Lui le autostrade le conosceva bene».  Lei sa quando sarà il funerale? «Non ancora, ma ritengo sarà in forma strettamente privata».  Sarà sepolto a Trento? «Penso di sì, a Pinzolo, dove c'è la tomba di famiglia».













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