Ciminiere, pressing per la demolizione 

Spunta il patto tra Piedicastello spa e Patrimonio del Trentino: se il Comune toglie la tutela, si abbatteranno con la bonifica


di Sandra Mattei


TRENTO. La notizia esce in coda alla riunione della commissione urbanistica ieri in seduta straordinaria per conoscere tempi e modalità della bonifica dell’ex Italcementi. È Alessandro Ceschi, direttore della Federazione cooperative (nonché della Piedicastello spa che deve accollarsi le spese di bonifica), a rivelare che c’è una clausola nel contratto con la Patrimonio del Trentino: se il Comune di Trento decidesse entro il 31 marzo 2018 di togliere la tutela alle ciminiere, la Piedicastello spa potrebbe procedere contestualmente ai lavori per la messa in sicurezza dell’area, anche all’abbattimento dei manufatti, accelerando l’utilizzo di quei 4 ettari e mezzo di terreno sui quali si conta di realizzare il nuovo polo espositivo, le residenze, lo studentato.

I ritardi sul come e cosa realizzare nell’ex Italcementi, nascono dall’approvazione della bonifica, definita dalla delibera della Provincia dello scorso settembre, con una evidente mancanza di comunicazione con il Comune. Infatti, mentre la giunta del capoluogo stabiliva che lì dovesse nascere il nuovo polo espositivo e aveva dato l’autorizzazione per uno degli accampamenti dell’adunata degli alpini, non si erano fatti i conti con i tempi della bonifica. Ieri, alla presenza dei tre assessori Biasioli, Robol e Stanchina, questi sono stati illustrati dal geologo Luca Raffaelli, incaricato dalla Piedicastello spa ad analizzare lo stato di inquinamento dell’ex area industriale e definire le modalità della messa in sicurezza. Sui tempi, già anticipati nella scorsa commissione urbanistica, non ci son o dubbi: Raffaelli ha ribadito che per stendere uno strato di 1 metro di terreno (50 mila i metri cubi), ci vogliono minimo 8 mesi e massimo 12. Considerato che i lavori inizieranno a metà gennaio (salvo le condizioni atmosferiche avverse) la bonifica non sarà ultimata che alla fine dell’estate nella migliore delle ipotesi. Ma i tempi, anche se è noto che l’Università attende da tempo che si liberi l’area del Cte per realizzare la mensa, non sono l’unico problema.

L’interesse dei consiglieri era concentrato ieri sull’entità delle sostanze inquinanti. Il geologo ha spiegato che in base ai campioni prelevati ed alle analisi dei dati (validati dalla Provincia, l’Appa e il Comune) il 90 per cento dell’area presenta una blanda contaminazione e può essere utilizzata subito per destinazione commerciale e industriale. Anche la falda dell’acqua è esente da inquinanti. «Ci sono però - ha precisato Raffaelli - alcuni punti che presentano sostanze contaminanti, in corrispondenza delle cisterne con idrocarburi. Il rischio per la salute, in questo caso, è solo se si venisse a contatto diretto con il terreno, per questo si elimina con lo strato di terra. La bonifica prevede quindi la rimozione delle cinque cisterne che contenevano il combustibile e delle scorie metalliche del piazzale, il riempimento di due pozzi idrici e, una volta coperta l’area, questa potrà essere destinata a residenza e verde pubblico».

La partita, chiariti i dati tecnici, è però politica: visto che manca tuttora un progetto (dove va il polo espositivo, dove la residenza) c’è il rischio che, una volta steso lo strato di terra, si debba tornare ad analizzare il terreno se si volesse fare parcheggi interrati e garage. Da parte dei consiglieri lo sconcerto è evidente, perché si sono fatte ipotesi senza fare i conti con i tempi della bonifica. E soprattutto con i costi di tenere in piedi le ciminiere (1,2 milione per consolidarle). A meno che il consiglio non decida, come si diceva all’inizio, di tagliare la testa al toro e togliere la tutela. A quel punto i progetti sull’area si sbloccherebbero molto più in fretta.













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