Ciampac, indagata la Sitc e 4 dipendenti

Ecco le accuse della procura per l’incidente sulla funivia: errori del manovratore e omissioni nei controlli sull’impianto



ALBA DI CANAZEI. Chiuse le indagini sullo schianto della cabina della funivia del Ciampac nell’ottobre scorso. E nel registro degli indagati ci sono la società (la Sitc di Canazei), Armando Dagai, il manovratore che era ai comandi nel momento dell’incidente, Paolo Cappadozzi, vice presidente nel cda e legale rappresentante della società, Mauro Naletto, tecnico responsabile dell’impianto e Giovanni Quaglio, responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

Posizioni diverse per gli indagati che sono state definite dalla procura (a firmare la chiusura indagine sia la pm Scagliarini che il procuratore capo Amato) alla luce della perizia che è stata eseguita sull’impianto. Ed è proprio la perizia il punto di partenza per la difesa come spiega l’avvocato Nicola Stolfi che rappresenta la società: «Dobbiamo valutare - spiega - i profili tecnici della relazione sulla quale si fonda l’accusa. Abbiamo contattato oggi (ieri per chi legge) il nostro consulente e quindi potremmo esprimerci dopo le sue valutazioni. Affrontiamo tutto questo con la tranquillità dovuta dal fatto che la Sitc è una società seria che gestisce con professionalità e scrupolo decine e decine di impianti di risalita». Ma vediamo quali sono le accuse mosse. Al manovratore Dagai si contesta il reato di disastro colposo per aver colposamente, appunto, provocato l’incidente. L’uomo, dopo l’improvviso arresto dell’impianto per cause accidentali «anzichè procedere prudenzialmente e far rientrare le cabine in stazione, escludeva le sicurezze per poter movimentare l’impianto in manuale facendo però procedere ad una velocità più elevata di 9.8 metri al secondo. Inoltre la cabina, una volta arrivata a destinazione sarebbe rimasta in funzione per 14 secondi «senza il doveroso intervento del manovratore». Sempre secondo l’accusa Cappadozzi, Naletto e Quaglio (accusati di lesion personali plurime gravie aggravate)avrebbero cooperato nel verificarsi dell’incidente con una serie di omissione. Capodozzi in particolare avrebbe omesso di vigilare adeguatamente sul corretto funzionamento dell’impianto e sul comportamento degli operatori. Naletto non avrebbe effettuato le prescritte periodiche attività ispettive e non avrebbe vigilato sul comportamento degli operatori «tanto da consentire prassi comportamentali anomale come quelle che determinavano l’incidente», nonchè di prendere le misure necessarie perché l’impianto operasse in condizioni di sicurezza. Infine Quaglio non avrebbe segnalato ai datori di lavoro le condizioni di irregolarità in cui veniva a essere gestito l’impianto «verificabili - sostiene l’accusa - anche solo mediante i doverosi sopralluoghi e verifiche».

Ora, come detto, la parola passa alla difesa che però intende aspettare la relazione del loro consulente.

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