Cermis, negati nuovi risarcimenti

Confermati i danni liquidati a Cavalese per la strage del ’98, ma il ricorso del Comune è stato respinto



CAVALESE. Per i danni d’immagine e al turismo dopo la strage del Cermis - venti morti il 3 febbraio 1998, per la caduta della funivia Cavalese-Cermis i cui cavi furono tranciati da un aereo militare Usa - il Comune di Cavalese non riceverà dal ministero della difesa ulteriori risarcimenti, oltre al milione di euro per danni non patrimoniali, insieme alla rifusione di circa 200 mila euro spesi per vari studi di riqualificazione del territorio. Lo ha deciso la Cassazione.

Con la sentenza depositata ieri pomeriggio la Suprema Corte ha infatti respinto il ricorso dell’amministrazione di Cavalese contro la liquidazione dei danni stabilita dalla Corte di Appello di Trento, nel 2007, che aveva tuttavia elevato l’iniziale risarcimento. A sua volta, la Difesa ha presentato controricorso contro il rincaro. In primo grado infatti nel 2004 il Ministero era stato condannato a pagare solo 105mila euro. Ad avviso degli “ermellini”, correttamente la Corte trentina ha ritenuto sussistere «il danno non patrimoniale lamentato dal Comune di Cavalese (anche) in base al rilievo che il disastro del 1998 non poteva non rievocare negli abitanti e nei turisti la analoga tragedia avvenuta 22 anni prima, per poi trarne la conclusione che il verificarsi di due tragedie analoghe in venti anni è circostanza che ha leso l'immagine del Comune».

In pratica, questi eventi hanno offuscato «agli occhi dei turisti, l’immagine del luogo ove quei luttuosi fatti avvennero». Senza successo, il Ministero della Difesa ha obiettato che in questo modo si è finito col risarcire «un pregiudizio», ossia «l’associazione di idee tra Cavalese e la disgrazia». A questa tesi, i supremi giudici hanno replicato che non è stato risarcito alcun tipo di pregiudizio ma «la lesione dell'immagine e della identità turistica» del Comune montano.

«Il fatto stesso del verificarsi per due volte di una grave tragedia, di risonanza mediatica generale, sul territorio del Comune - sottolinea la Cassazione - ha fatto sì che qualunque persona di media esperienza finisca per pensare che sulle funivie di Cavalese si morì tragicamente in passato, e forse si potrebbe morire ancora».

E proprio in questo consiste il danno all’immagine, spiega la Suprema Corte.

«Il responsabile della strage, il militare statunitense Richard Ashby, il suo equipaggio, il suo datore di lavoro e la struttura militare per la quale lavorava non poterono essere giudicati dall’autorità giudiziaria italiana», ricorda la Cassazione, «in quanto militari appartenenti a una forza armata di uno Stato aderente al Trattato Nord Atlantico» e pertanto sottratti alla nostra giurisdizione.













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