Cascina “Palù della Fava” Angeli vince la causa

Madonna di Campiglio, dopo 13 anni, il Consiglio di Stato dà ragione alla famiglia Il Comune di Bocenago aumentò l’affitto del locale da 270 mila lire a 77 milioni


di Walter Facchinelli


MADONNA DI CAMPIGLIO. Il Consiglio di Stato ha posto la parola «fine» alla vertenza sulla Cascina di “Palù della Fava” a Madonna di Campiglio, che dal 2001 vede contrapposta la famiglia Angeli al Comune di Bocenago. Tutto ha inizio il 28 agosto 1987 quando il Comune di Bocenago concede per sei anni l’uso della Cascina di “Palù della Fava” a Campo Carlo Magno agli Angeli. Il canone d’affitto annuo è di 270.000 lire con l’adeguamento Istat e scade il 31 dicembre 2000. Visto che la Cascina era utilizzata come stalla per due cavalli, gli Angeli hanno l’obbligo contrattuale di ristrutturarla per trasformarla in ristorante – bar. «E così è avvenuto - precisa Federico Angeli - abbiamo sostenuto una spesa di circa 90 milioni di lire». Gli affari vanno bene e così nel 1990 Carlo Angeli presenta in Comune a Bocenago un nuovo progetto per ampliare la Cascina, assumendosi un costo è di 50 milioni di lire. Il Comune approva la proposta, allunga l’affitto al 31 dicembre 2005 e maggiora l’affitto di ulteriori 2 milioni di lire per il periodo 1990/1995.

Il cambio di rotta si ha nel febbraio del 2001 quando il consiglio comunale di Bocenago con sindaco Mauro Alberti, delibera un aumento di 77 milioni di lire. L’aumento del 30.000% entra in vigore prima della naturale scadenza del contratto, perché la deliberazione 48/1990 era stata presa senza aver richiesto il prescritto parere del Commissario degli usi civici e senza aver ottenuto la sospensione del diritto di uso da parte della giunta provinciale, e si applica dal primo gennaio 2001 al 31 dicembre 2005. «Mio padre - afferma Federico Angeli - quando seppe dell’aumento dell’affitto rimase esterrefatto, rimise a disposizione dell’amministrazione la Casina di “Palù della Fava” e agì per vie legali». La famiglia Angeli nel 2001 ricorre al Tar «dolendosi della richiesta di pagamento del canone già dall’anno in corso e chiedendo il risarcimento dei danni. Il Tar di Trento pur affermando l’illegittimità dell’operato del Comune di Bocenago non si pronuncia per mancanza di giurisdizione. Ci sono voluti quasi nove anni perché Cassazione e Consiglio di Stato stabilissero che il Tar di Trento era legittimato a sentenziare sulla nostra causa. Nel marzo 2010 il Tribunale regionale diede ragione al Comune di Bocenago condannandoci a pagare circa 230.000 euro oltre ad interessi per i vari danni profusi».

Ora il Consiglio di Stato, in via definitiva, ribaltando la sentenza del Tar ha affermato che il Comune di Bocenago «non aveva la possibilità di variare le clausole del contratto vigente in spregio ai principi generali dell’ordinamento, giungendo tra l’altro ad un aumento del 30.000%» e «poteva procedere ad un annullamento dall’origine, ma non poteva certo variare le posizioni contrattuali». Dopo aver atteso tutti gradi di giudizio, aver speso molti soldi in avvocati dall’una e dall’altra parte, Federico Angeli afferma «l’unico risultato di questa vicenda è che un fiorente ristorante, rinomato, fu chiuso nel 2001 e non più utilizzato, nemmeno oggi. Ci risulta che il Comune di Bocenago abbia speso 150.000 euro in avvocati e, cosa confermataci dal sindaco attuale, il danno alle casse comunali è notevole, se calcoliamo i mancati guadagni dal dicembre 2005 ad oggi». Angeli soddisfatto per la sentenza, afferma: «Adesso chi si assumerà la colpa per tutto l’accaduto? Spero che la Corte dei Conti si interessi della vicenda».

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