PREVIDENZA - IL CASO TRENTINO ALTO ADIGE

Casalinghe, il maxi-buco delle pensioni

Rispetto ai contributi versati la Regione paga cinque volte tanto: finora stanziati 377 milioni di euro per 4.588 iscritte


di Andrea Selva e Pierluigi Depentori


TRENTO. Paghi uno e prendi cinque: non è una vincita, non è un premio, ma è il rapporto che c’è tra i contributi versati dalle casalinghe del Trentino Alto Adige e la loro pensione. Parliamo di circa 4.500 (fortunate) casalinghe che si sono iscritte alla pensione regionale negli anni Novanta, prima che la Regione (dieci anni dopo l’avvio di questa inedita formula previdenziale) decidesse che tanta generosità non era più sostenibile.

Il fondo venne istituito nel 1993 e le iscrizioni vennero chiuse nel 2005, dopo un’ultima corsa delle casalinghe per approfittare delle particolari condizioni della Regione. Ma in realtà - anche se la politica considera ormai chiusa la vicenda - le due province autome di Trento e di Bolzano (che hanno ereditato dalla Regione questa situazione) dovranno fare i conti con le pensionate per tanti anni ancora: l’ultima delle iscritte, infatti, nata nel 1973, comincerà a percepire la sua pensione nel 2038, quando compirà 65 anni.

Due conti possono aiutare a capire la dimensione di quello che è accaduto: dagli anni Novanta al 31 dicembre del 2014, tenendo in considerazione solo le casalinghe trentine, erano stati versati contributi per 21 milioni di euro mentre le pensioni pagate ammontavano ormai a 77 milioni di euro. Ma questa sproporzione (che già è evidente) è destinata ad aumentare notevolmente perché la maggior parte delle iscritte ha già concluso il proprio piano di versamenti ma percepirà la pensione ancora per molti anni. Ed è una magra consolazione che i soldi della Regione - ora confluiti in un fondo regionale Pensplan - nel frattempo siano aumentati per effetto degli interessi, perché questo compensa solo in parte un meccanismo che – più che una pensione - pare una vincita alla lotteria.

Finora la Regione ha stanziato 377 milioni di euro che - divisi per le circa 4.500 casalinghe costituiscono l’enorme cifra di 83 mila euro a testa. Sarebbe una consolazione se fossero serviti ad alimentare il magro bilancio delle famiglie più povere, per consentire anche alle donne meno abbienti di dedicarsi alla casa, al marito e ai figli (sempre che questo sia il loro obiettivo di vita). Ma non è andata così: nel lungo elenco delle beneficiarie della pensione regionale ci sono donne di ogni classe sociale, comprese le mogli di professionisti e imprenditori benestanti che certo non avevano bisogno dei fondi regionali ma hanno colto al volo l’occasione (paghi uno e prendi cinque) per realizzare un ottimo investimento. E soprattutto senza rischio.

Come dar loro torto: qual è la banca, l’assicurazione o il fondo di investimenti che restituisce interessi così alti?

Benestanti o no, la Regione Trentino Alto Adige in quegli anni accoglieva a braccia aperte casalinghe di ogni condizione (con una serie di incentivi che dal 1998 in poi servirono per aumentare le adesioni, all’inizio non tantissime) con l’unica differenza nei contributi annuali da pagare che variano tra 700 e 1.500 euro in base al reddito della famiglia. Insomma la casalinga appartenente alla famiglia più ricca, alla fine dei 15 anni avrà pagato circa 22 mila euro e percepirà una pensione variabile fra i 470 euro e i 564 euro (sono oltre 6 mila euro netti all’anno), in base al periodo di contribuzione, con la possibilità di integrarla (in assenza di altri redditi) alla pensione minima dell’Inps.

Gli ultimi trasferimenti regionali risalgono al 2011 e alcuni consiglieri regionali parlarono di “buco”. Ma il “buco” in realtà viene riempito con i soldi (pubblici) che ha già stanziato la Regione, anche se attualmente - nell’era delle pensioni contributive, dove ricevi quello che hai versato - il caso delle casalinghe del Trentino Alto Adige (sistema generosissimo che è rimasto in vigore dall’epoca delle pensioni retributive) è destinato a creare scandalo. Anche senza andare a cercare i casi - che pure ci sono - delle casalinghe che hanno usufruito dei numerosi sconti previsti sugli anni di contribuzione - ad esempio per il numero di figli - e magari hanno pagato i contributi in 5 anni - come era previsto dal regolamento - per cominciare al più presto a percepire la pensione.

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