Biotestamento, depositate otto «Dat» 

In comune le prime disposizioni anticipate di trattamento. L’assessora Maule: «Manca però il collegamento con l’Apss»



TRENTO. «I dipendenti comunali dello stato civile non possono fornire ai cittadini che le richiedano alcun tipo di informazione sulla compilazione delle Dat (disposizioni anticipate di trattamento) prevista dalla legge sul biotestamento recentemente entrata in vigore». L’assessora comunale Chiara Maule, accompagnata dal dirigente Fabrizio Paternoster, è stata chiara, nel corso dell’incontro con la stampa ieri a palazzo Geremia. «È materia delicata – ha aggiunto – ed attendiamo dal ministero della salute chiarimenti su quali possano essere i soggetti deputati a dare informazioni di questo tipo. Mi auguro che arrivino. Per ora c’è solo una nota, esplicita, che invita a non fornire nessun tipo di spiegazione sulla compilazione delle Dat. Ricordo inoltre che solo i residenti in città possono portare in Comune, a mano, e non in altro modo, la scrittura privata». Agli uffici di piazza Fiera per ora ne sono arrivate una decina, regolarmente protocollate. In sintesi, ognuno deve arrangiarsi. Il ché può essere un altro intoppo, l’ennesimo, sulla strada di un consenso informato preventivo da parte di ognuno sugli eventuali trattamenti, o meno, nel momento in cui non si fosse più in grado di decidere della propria salute autonomamente. Ragionevolmente, vien da pensare, potrebbero essere i medici di famiglia, se richiesti, a dare una mano al proprio assistito che chiedesse informazioni e abbia l’intenzione di scrivere l’autocertificazione. Ma ovviamente, in questo caso molto dipende dal rapporto medico-paziente di cui peraltro si parla sempre in qualsiasi congresso e incontro. Una legge comunque di civiltà, quella sul biotestamento, per quanto proceda a fatica.

Il Trentino, nelle scorse settimane, ha riferito della mancanza del registro telematico all’Azienda per i servizi sanitari. E qui viene chiamata in causa la Provincia, che aspetta il registro nazionale. Facciamo il caso di un cittadino che, non più in grado di autodeterminarsi, di decidere se accettare o no specifici trattamenti, avesse depositato la propria Dat al Comune che non ha collegamento diretto con l’Apss e che quindi i medici dell’ospedale dove è ricoverato non ne sappiano nulla. Che succede? Chi informa il reparto delle sue volontà? I parenti più stretti? Il fiduciario, figura prevista dalla legge? Per ora a queste domande pare difficile dare una risposta chiara. Affinché una legge di civiltà non rimanga sulla carta ma trovi riscontro nella realtà. L’assessora si augura che, al più presto, si faccia chiarezza.

«Attualmente – afferma – in Comune abbiamo registrato a livello informatico le Dat che ci sono state portate e ci atteniamo a quanto disposto dal ministero. Le conserviamo. Ma non c’è collegamento né con l’Azienda sanitaria né con i medici che quindi non sanno delle volontà del paziente. Con la commissione per le politiche sociali abbiamo incontrato la Provincia. Vediamo se la situazione si sblocca». (pa.pi.)













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