Bancarotta alla «Opera», otto indagati 

Sigilli a 200 mila bottiglie di Trento Doc della nota Cantina della val di Cembra: valore commerciale di 1,5 milioni



TRENTO. Sigilli all’ Opera Vitivinicola in Valdicembra: sequestrate 200.000 bottiglie di spumante Doc del valore commerciale di oltre un milione e mezzo di euro; otto gli indagati nell’inchiesta aperta dalla Procura. L’ipotesi di reato per tutti è di bancarotta fraudolenta; secondo le indiscrezioni di questa fase iniziale dell’inchiesta, risulterebbero indagati anche i vertici della società. La Opera è una cantina che, ad un certo punto della sua storia “si fece doppia”: dal fallimento di Opera nacque infatti un’altra Cantina, la Arepo, al centro delle indagini ed anch’essa posta sotto sequestro il 7 febbraio. Arepo è Opera letta al contrario.

L’indagine è partita dal sequestro di circa 150.000 litri di pregiato Trento Doc ad opera del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Trento. Valore, alla produzione, di oltre 1,5 milioni di euro.

Opera nacque nel 2007: un progetto ambizioso, quello di due uomini che non provenivano dal mondo del vino e che, nel metodo classico avevano avuto la visione. La storia della cantina ha contato parecchi successi tanto che, in una decina di anni, il fatturato ha toccato il mezzo milione di euro. Dentro questo successo però ci sono stati degli inciampi finanziari, inciampi che hanno portato Opra al fallimento. Era il 2015, quando nell’esercizio si contarono perdite superiori ad 1,1 milioni di euro: eroso il patrimonio sociale, risultato poi negativo per circa un milione. Gli investimenti iniziali furono consistenti. L’anno successivo, il 2016, la società non approvò né depositò il bilancio di esercizio. Da una bozza acquisita al tempo dalla Guardia di Finanza, risultarono però ulteriori perdite, per circa 150 mila euro ed un patrimonio netto negativo di 1.154.715 euro. Non solo, Opera aveva anche un grosso debito verso la Banca Popolare di Sondrio per 300.000 euro e quindi, inevitabilmente fallì. Dei creditori dovevano essere pagati. Nacque così, dagli ex titolari dell’azienda, una nuova società regolata - secondo l’accusa - da un finto contratto di affitto di azienda. La sua sede era vicina ad Opera. Questa società, anch’essa sequestrata, si chiama Arepo. Le indagini della Procura ipotizzano che i titolari dell’azienda vinicola, indagati assieme ad altri per bancarotta fraudolenta, avrebbero trasferito le preziose bottiglie di vino spumante Doc da Opera ad Arepo, per poi venderle. Il denaro sarebbe servito, tra l’altro, a pagare i creditori.

Tra gli indagati vi sono soci della fallita Opera, i soci che rilevarono la Cantina e professionisti che avrebbero creato il meccanismo fraudolento. Opera moriva, siamo tra la fine del 2017 e il 2018 ed Arepo fioriva, nel suo commercio di vino pregiato. Un movimento di merci che non poteva passare inosservato alla Guardia di Finanza che già stava esaminando i documenti del magazzino. Cosa sarà di Opera domani? Se lo è chiesto in questi giorni anche il blog «Territoriocheresiste» secondo il quale ci sarebbe l’interesse di «uno dei soci di minoranza di Opera: l’industriale del beverage Marcello Rosa, patron di Dolomatic. Lui per il momento non conferma. “Avevo acquistato quote solo per l’autoconsumo…» . (f.q)













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