riva del garda

Area ex Cattoi, può saltare tutto: gravi sospetti di illegittimità

Le sorti dell'ultima porzione di fascia lago scampata a un secolo di edificazioni. Sindaco, assessori e consiglieri si dichiarano incompatibili. Ma hanno votato accordo con i privati e variante


LUCA MARSILLI


RIVA DEL GARDA. Al di là di tutte le possibili questioni di merito e finanche delle valutazioni politiche, secondo il Pd c’è una questione enorme di legittimità. E in nome di quella, pur ribadendo le proprie perplessità su una scelta che continua a non digerire, chiede alla Provincia di valutare con attenzione la questione prima di compiere atti che avallino quello che un magistrato potrebbe cancellare con ignominia nel prossimo futuro.

Il punto è ancora l’area ex Cattoi. L’ultima porzione di fascia lago scampata a un secolo di edificazioni più o meno felici di tutto il Garda. Destinata ora, in virtù di un accordo tra amministrazione comunale e privati (gli imprenditori altoatesini Hager e Signoretti) alla costruzione di due palazzine con trenta alloggi di lusso e 15 mila metri quadri di parco attrezzato. Che gli stessi costruttori realizzeranno e poi doneranno al Comune di Riva.

Per la sindaca Cristina Santi, che ha gestito in prima persona la trattativa e l’accordo con i privati, un affare per Riva, che dopo mezzo secolo di passi avanti e passi indietro vedrà il recupero di pregio di un’area oggi degradata guadagnandoci anche un parco che a spese proprie non potrebbe realizzare. Secondo il Pd rivano, un regalo imbarazzante a Hager e Signoretti, che guadagneranno milioni in speculazione edilizia su un’area che alla fine della scorsa legislatura stava per diventare parco, con nelle loro tasche solo una indennità di esproprio. Per non lasciare nulla di sospeso, va anche detto che proprio sulla variante urbanistica che imponeva il parco e sbatteva la porta in faccia ai costruttori l’ex sindaco Adalberto Mosaner, del Pd, era saltato, perdendosi per strada quella parte di maggioranza che alle elezioni successive sarebbe passata col centrodestra della leghista Santi. Quindi ruggini e denti avvelenati si sprecano. Ma queste, appunto, sono questioni di merito e politiche.

Quello che oggi solleva il Pd, con una lettera inviata al presidente Maurizio Fugatti, agli assessori Mario Tonina (Urbanistica) e Mattia Gottardi (Enti Locali) e a tutti i dirigenti potenzialmente interessati, è un punto giuridico. Che nasce dal fatto che il 25 maggio, in occasione della seduta di consiglio comunale che prevedeva l’approvazione della variante urbanistica 13 bis (indispensabile per dare la nuova destinazione all’area ex Cattoi) ben 12 dei 16 consiglieri di maggioranza hanno dichiarato la propria incompatibilità. Tra loro la sindaca Santi, la vicesindaca Betta e l’assessore Grazioli. Il consiglio rivano è composto di 22 membri, sindaco incluso. Con quelle 12 incompatibilità diventa impossibile trattare la variante urbanistica, e come logica conseguenza il punto è stato ritirato e l’amministrazione ha chiesto alla Provincia la nomina di un commissario ad acta: dovrà fare le verifiche tecniche prescritte e quindi approvare la Variante 13, sostituendosi al Consiglio.

Tutto abbastanza normale e già visto, ragionando di Prg. È incompatibile chiunque abbia un qualche interesse diretto, sia personale che tramite suoi familiari o soci, sulla materia trattata. Aree che diventano edificabili o che non lo diventano, per esempio, vincoli nuovi o rimozione di vecchi: il ventaglio di possibilità è molto ampio. Solo che nel caso specifico non si ragiona di una norma urbanistica che, per esempio, permette di alzare di un piano tutte le case del Comune: si parla di una precisa e limitata zona che può avere vantaggi o danni dal futuro dell’ex Cattoi. Ma anche questo è opinabile. Quello che per il Pd non è opinabile affatto è che quella variante è stata elaborata e scritta, con due anni di lavoro tra giunta e commissione urbanistica, fino all’accordo con i privati, dalle stesse persone che oggi si sono dichiarate incompatibili. Brutalizzando il concetto: uno decide di “vendere”, fissa il prezzo, sceglie l’acquirente, contratta con lui i limiti che dovrà rispettare e poi, quando deve semplicemente vistare con un voto l’esito burocratico di tutto il lavoro che ha concretamente svolto, dichiara di essere in conflitto di interessi.

Potrebbe sembrare una questione ridicola, ma il Pd la prende molto seriamente. E nella sua nota riporta anche una comunicazione ufficiale del primo aprile 2021 da parte del segretario generale Anna Cattoi a tutti i membri della commissione edilizia. La segretaria faceva loro presente la necessità di valutare da subito la compatibilità, “sia per i componenti effettivi sia per i sostituti, considerato che ogni violazione potrebbe tradursi in un vizio, nella formazione degli atti, che si rifletterebbe poi sul procedimento complessivo di adozione della variante”. Tradotto: valutate prima, visto che sapete di cosa si parla, se siete compatibili o meno perché se lavorate alla variante da incompatibili, la rendete illegittima. In risposta a quell’avvertimento ufficiale, i membri della commissione dovevano rispondere con una dichiarazione della propria compatibilità. I due membri di minoranza lo hanno fatto, dice il Pd, mentre per quelli di maggioranza non è ancora riuscito a ottenere la documentazione, che ha comunque richiesto e sta aspettando.

Sta di fatto che quella commissione urbanistica ha lavorato per due anni fino all’approvazione, il 13 aprile scorso, della variante. Passata con i voti favorevoli del presidente Franco Gatti e dei consiglieri Graziola, Chiocchia e Giuliani. Tutti poi dichiaratisi incompatibili in vista del consiglio comunale del 25 maggio. Non va meglio la questione se la guarda dal punto di vista della giunta: l’accordo urbanistico con i privati è stato approvato nella seduta di giunta del 13 aprile 2023 con i voti favorevoli della sindaca Santi, della vice Betta e dell’assessore Grazioli: tutti e tre si sarebbero poi dichiatati incompatibili. Né la commissione urbanistica né la giunta comunale avrebbero avuto il numero legale se tutti coloro che hanno poi dichiarato la propria incompatibilità (e quindi il loro essere in conflitto di interessi) si fossero astenuti dai lavori. Come secondo il Pd sarebbero stati obbligati a fare. Perché se ognuno può avere i soci, i parenti e gli amici che gli sono capitati e tutti gli interessi che vuole, i casi possono essere solo due: se è incompatibile oggi, lo era anche due anni fa. E se non lo era allora, non lo è nemmeno oggi. Dichiarandosi incompatibili in consiglio, fondata o di comodo che sia la loro scelta, si sarebbero tutti “autodenunciati”. Rendendo illegittimi e quindi da buttare sia l’accordo urbanistico con i privati che la Variante 13. Altro che commissario per approvarla.

 













Scuola & Ricerca

In primo piano