Arco, punto nascite ridimensionato

Applicata una delibera provinciale: basta cesarei programmati e donne con patologie. I parti si dimezzeranno


di Gianfranco Piccoli


ARCO. Ieri dieci donne residenti nell’Alto Garda e Ledro hanno ricevuto una telefonata del tutto inaspettata. Dal reparto di ostetricia e ginecologia di Arco hanno avuto comunicazione che dovranno partorire a Rovereto o a Trento.

E’ la conseguenza dell’applicazione di una delibera contenuta nel Piano di miglioramento dell’azienda sanitaria, varato ancora la scorsa estate. Nel documento di alcune decine di pagine si chiarisce che i cosiddetti ospedali periferici - Arco, ma anche Tione, Cles e Cavalese -possono accettare solamente i parti fisiologici. In soldoni sono esclusi tutti i cesarei (ad eccezione, evidentemente, di quelli decisi in condizioni di emergenza) e tutte le partorienti che hanno patologie, anche a basso livello di rischio. Ed è per questo motivo che ieri sono state contattate le donne sino ad oggi seguite dalla ginecologia arcense: presentano tutte caratteristiche che hanno costretto il reparto a dirottarle sulle strutture ospedaliere principali, ovvero Rovereto e Trento.

La questione è stata oggetto di un serrato dibattito nei mesi scorsi e all’Azienda è stato anche chiesto di rivedere alcuni parametri, ritenuti troppo restrittivi, soprattutto per quanto riguarda i livelli di rischio. Gli ospedali, periferici, infatti volevano poter continuare l’attività almeno con le donne che presentano patologie a basso rischio. La risposta è stata negativa e così nei giorni scorsi i medici del reparto di ginecologia dell’ospedale di Arco hanno deciso di applicare i contenuti della delibera, anche per tutelarsi nel caso si dovessero presentare contestazioni, anche di carattere giudiziario.

Questa la situazione, che desta non poca preoccupazione in un reparto (7 i medici, compreso il primario Arne Luehwink, e quattordici le ostetriche) che oggi garantisce cinquecento nascite all’anno, un numero considerato minimo per garantire competenza e quindi sicurezza per le partorienti. Secondo i calcoli effettuati ad Arco (dove, tra l’altro, ha sede il centro per la fecondazione assistita), con l’applicazione letterale delle direttive dell’Azienda sanitaria, nel 2014 si assisterà ad un vero tracollo dei parti: il 50% delle donne, infatti, si dovrà rivolgere a Trento o Rovereto. Solamente i parti cesarei programmati sono una cinquantina, la metà del totale. La difesa dei punti nascita di periferia è un tema che si trascina da anni e questa riorganizzazione potrebbe portare ad una spallata. A fine gennaio è previsto un nuovo incontro in azienda sanitaria per capire se ci sono margini per rivedere le direttive.

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