giustizia

Arcese condannata per un licenziamento

La Corte di Cassazione: il lavoratore va reintegrato, perché non completamente inidoneo al lavoro



TRENTO. La Corte di Cassazione ha messo la parola fine ad una lunga controversia tra un autotrasportatore di origini serbe e la società trentina Arcese, per cui lavorava: l’autista, dopo un malore, era stato ricoverato in ospedale, dove a seguito di alcuni interventi chirurgici aveva passato una lunga degenza.

La direzione aziendale, dopo un anno di malattia, ha deciso di licenziarlo perché non in grado di adempiere ai servizi di autotrasporto. L’autista, sostenuto dal sindacato e dall’avvocato Gianfranco de Bertolini, ha ovviamente contestato il licenziamento.

Se i giudici di primo grado del Tribunale di Trento avevano dato ragione all’azienda, la Corte d’Appello aveva invece ribaltato la sentenza, condannando l’impresa a reintegrare e risarcire il lavoratore. Il punto è che per i medici l’autista non è completamente inidoneo al suo lavoro, ma deve solo evitare servizi stressanti e pericolosi per la sua incolumità fisica.

L’azienda, dopo la seconda sentenza, ha quindi fatto ricorso alla Corte di Cassazione, che ha però confermato quanto deciso dalla Corte d’Appello. Grande gioia per il Sindacato di base multicategoriale, che ha dichiarato: «È una decisione importante che ha sancito come i diritti al lavoro e alla salute, in assenza di vere e proprie incompatibilità, siano preminenti rispetto al diritto di esercitare liberamente l'impresa economica privata, restituendo dignità alla parte debole del rapporto di lavoro, ossia al dipendente».













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