Appartamenti per squillo, arrestate due sorelle a Trento

Un’attività intensa che permetteva un guadagno di circa 26 mila euro al mese ma che è costata, a due sorelle domenicane, l’arresto per sfruttamento della prostituzione


Mara Deimichei


TRENTO. Gestivano tutto: dagli annunci su internet alle chiamate dei clienti, passando per la sistemazione degli appartamenti. Controllavano perfino gli spostamenti con i taxi. Un’attività intensa che permetteva un guadagno di circa 26 mila euro al mese ma che è costata, a due sorelle domenicane, l’arresto per sfruttamento della prostituzione. Ora si trovano ai domiciliari.
È durata due mesi l’indagine della squadra mobile ma l’ipotesi più probabile è che le due donne gestissero l’attività da circa un anno ruotando prostitute quasi esclusivamente di origine sudamericana in due appartamenti, uno in via delle Ghiaie e l’altro in corso Buonarroti. Ai domiciliari sono così finite Vanessa e Patricia Estefania Solis Bonifacio di 27 e 23 anni.
L’operazione è partita da alcuni segnali che sono arrivati ai poliziotti della sezione guidata da Nicola Gremes e che monitora il mercato del sesso a Trento. Un certo via vai e poi visi nuovi in strada hanno spinto i poliziotti a concentrare l’attenzione sui due appartamenti. Un attività certosina quella che è stata descritta dal dirigente della mobile Roberto Giacomelli. In 2 mesi sono stati monitorati oltre 2.600 contatti fra le due donne ora agli arresti e altrettanti o quasi aspiranti clienti. Circa 160 quali che effettivamente sono entrati negli appartamenti per qualche minuto di sesso mercenario per il quale pagavano dai 50 ai 200 euro a seconda del tempo e delle prestazioni che chiedevano. E sono state 23 le lucciole che in sessanta giorni sono girate nelle stanze e che, secondo l’accusa, erano «coordinate» dalle due sorelle. Tutto - spiega la mobile che in questa indagine è stata coordinata dal sostituto procuratore Alessia Silvi - con una rigida organizzazione. Per adescare i clienti il mezzo principale era quello di internet con annunci ammiccanti ma anche un po’ truffaldini. Le foto che avrebbero dovuto essere delle prostitute in realtà erano «rubate» on line ed erano di attrici hard con il viso mascherato. Si cercavano donne che fossero simili a quelle che effettivamente si mettevano a disposizione dei clienti, ma si mentiva anche sulla nazionalità. Loro, sudamericane, venivano proposte come polacche, austriache o australiane. Il primo contatto era telefonico e a rispondere sarebbero state le due arrestate. Ai clienti veniva fornito l’indirizzo con la raccomandazione di richiamare quando fossero stati davanti al civico. Solo in quel momento veniva indicato il campanello al quale suonare. Per tutto questo le due avrebbe preteso 70 euro al giorno da ogni prostituta oltre alla metà di quanto guadagnato. Sempre le due avrebbero deciso di volta in volta la tariffa e avrebbero coordinato anche gli spostamenti con il taxi (131 quelli monitorati dalla polizia). La stima della polizia è di un guadagno di 26 mila euro al mese dei quali, detratti i soldi per le prostitute e quelli per pagare le spese di vario genere, ne restavano 10 mila che sarebberso stati equamente divisi fra le due sorelle.

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