«Anoressia, terapia breve e meno psicofarmaci» 

Folla al Castello del Buonconsiglio per ascoltare il professor Nardone che ha illustrato le nuove cure per combattere «una vera e propria pandemia»


di Claudio Libera


TRENTO. L’anoressia è diventata una vera e propria «pandemia» che, in tempi recenti colpisce sempre più spesso i ragazzi. Ma non servono gli psicofarmaci. Piuttosto ci vuole la terapia breve strategica che aiuta a spezzare il meccanismo dell’eccesso di controllo. Lo ha detto alla sala delle Marangonerie al Castello del Buonconsiglio il professor Giorgio Nardone, relatore della conferenza “Anoressia giovanile. Conoscerla e curarla”. I 130 posti a sedere sono stati esauriti in pochi istanti ed alla fine c’era gente in piedi all’esterno della sala, che seguiva grazie a due maxischermi. L’organizzazione è stata dell’Associazione di promozione sociale ReAct, presieduta da Marisa Ciola, psicologa ad indirizzo clinico, psicoterapeuta e supervisore Ufficiale del Centro di Terapia Strategica di Arezzo. I saluti sono stati porti da Cristina Cocco, a nome dell’Ordine degli psicologi della provincia cui ha fatto seguito l’assessora Mariachiara Franzoia che ha detto come queste conferenze “alzino il livello dell’asticella della conoscenza”.

Parlando di alleanza strategica tra scuola, famiglia, istituzioni e realtà territoriali, non trascurando il Piano Politiche Giovanili. Quindi l’introduzione di Marisa Ciola che ha ringraziato lo staff di ReAct per i due mesi di lavoro preparatorio. Poi la realistica ed a tratti “brutale e sconvolgente” relazione “a braccio” del professor Nardone, che è entrato a gamba tesa ad affrontare il tema dell’unica patologia che conduce direttamente alla morte. «Patologia – ha proseguito nel silenzio - che è la meno compresa, perché atto contro natura». Che non è scoperta recente o male moderno ma che esiste da millenni, col fascino storico, perché si rifà a sante, principesse e nobili, «tipico dell’opulenza; dove c’era miseria l’anoressia non albergava». E qui l’elenco di ciò che si dovrebbe fare e ciò che si fa, iniziando dalle cure sbagliate, dall’approccio a ciarlatani nel web che indicano strade solo letali, all’estendersi della patologia anche nei maschi ed all’abbassarsi dell’età in cui inizia, arrivando a sfiorare gli 8 anni. Poi le varie sfaccettature del male, con l’uso delle sostanze, che arricchiscono solo medici senza scrupoli e farmacisti compiacenti. Aggiungendo che «se fino a 10 anni fa l’incidenza dei ragazzi malati era dell’1-2%, ora si arriva a superare il 10%, con un tasso di mortalità passato dal 15 al 25%». Una “vera pandemia”. Giorgio Nardone ha parlato poi dei protocolli di trattamento, basati su strategie e stratagemmi terapeutici, in grado di portare a soluzione in tempi rapidi le più frequenti ed invalidanti psicopatologie. Quindi del modello di terapia breve strategica applicato all’anoressia giovanile: oltre 220 pazienti tra i 12 e i 19 anni; 82% risolti con una efficienza di intervento che va da un minimo di 5 sedute ad un massimo di 31 nell’arco di 6-12 mesi. Come anticipato ieri dal “Trentino”, in Provincia si registrano 150 nuovi casi all’anno, un fenomeno in netta espansione. Quindi Nardone ha elencato i miti da abbattere, come il ricovero in ospedale (solo nei casi di estrema gravità), l’uso degli psicofarmaci, e ha parlato della necessità di trattamenti specifici, della terapia applicata in contesto familiare e l’obbligo di concordare sempre con lo psicoterapeuta ogni mutamento. Quindi una affermazione pratica che vale per la famiglia, perché i genitori non devono mai delegare l’azione di controllo: «Non si guarisce dall’anoressia perché si mangia ma perché si ha voglia di mangiare», con un’azione solerte e continua di esperienza emozionale.















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