Alpinisti e storici: «No alla cava in val Prigioni»

Vallarsa, l’appello al sindaco Gios: porterebbe traffico pesante in una zona critica dove restano ancora sepolti da una frana 205 soldati italiani della brigata Aosta


di Michele Stinghen


VALLARSA. Come tradisce il nome, la val delle Prigioni è carica di storia. É anche uno degli angoli più selvaggi del Pasubio, e agli appassionati di questa montagna, oltre che a quelli di storia, piace pensarla così come è arrivata fino a noi. Il Comune però vuole farci una cava di ghiaia, che nulla c'azzecca con la storia e con la natura incontaminata. Un gruppo di appassionati del Pasubio lanciano così un appello al sindaco Geremia Gios, affinché rinunci al progetto. Si tratta di Edoardo Tomasi, storico e bibliotecario di Mori, Adriano Dal Prà, Giamberto Garbin, Piero Saccardo, Claudio Gattera e Doriano Formilan (vicentini, tra loro alpini e membri del Cai) e Marco Torboli, alpinista di Villa Lagarina. «Molti riconoscono a Gios un particolare impegno nella non facile gestione di Vallarsa. Non è detto però che tutte le scelte siano condivisibili. Il motivo per aprire la cava pare sia quello di reperire fondi per il Comune: una decisione - scrivono - che ci lascia sconcertati». Si dirà, ma è solo ghiaia: «Se questa logica del profitto fosse applicata sulle Dolomiti, al posto dei caratteristici ghiaioni avremmo cave, alla faccia dell'Unesco», rispondono. Inoltre, come sottolineato dal gruppo di minoranza Vallarsa Domani, «Una cava provocherebbe un aumento del traffico pesante su una strada ed in una zona già critica e penalizzando l'afflusso turistico che si vuole sviluppare». Ma ci sono anche altri motivi, per Tomasi e gli altri, che dovrebbero convincere il Comune a rinunciare, e questi motivi vengono dalla storia che ancora trasuda da questi costoni e da queste rocce. «Il luogo è situato proprio sotto i roccioni della Lora, diventati famosi per essere stati una linea di difesa italiana durante la Prima Guerra Mondiale. Da quelle rocce, nel settembre 1917, si staccò una frana che travolse i baraccamenti della brigata Aosta, provocando la morte di 205 soldati. I corpi non furono mai trovati. Data la morfologia del terreno - continuano nel loro appello - è probabile che quei resti siano successivamente convogliati in fondovalle». Scoscendimenti e franosità dei luoghi hanno reso difficile anche il lavoro dei recuperanti. Insomma, non si caverebbe solo ghiaia in val delle Prigioni. «Basterebbe solo questo per evitare l'apertura della cava in un luogo così crudemente segnato dalla storia. Ci pare inoltre che ciò sia un palese contraddizione con le iniziative già in atto per il centenario della Grande Guerra». Tomasi, Torboli e gli altri auspicano di non essere i soli a pensarla così. Invitano l'amministrazione a tornare sulle proprie scelte, e chiedono che il progetto sia fermato, rivisto, e infine cassato.

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