«Adottato» a 89 anni come nonno

Giovanni Cova, vedovo e senza figli, racconta la sua curiosa storia


Nicola Filippi


ROVERETO. Quando entri nel locale, quel "nonnino" azzimato e sorridente, non puoi non notarlo: seduto sempre allo stesso tavolino, "spazzola" il piatto di pasta fumante con la voracità di un ragazzino. Ingolla il suo unico bicchiere «di nero» e la brocca di «acqua di fonte». Ma non è nemmeno difficile incrociarlo in città, impegnato nelle sue lunghe passeggiate quotidiane. Giovanni Cova, 89 primavere dal primo ottobre, in maggio è diventato "nonno". Nulla di strano, se non che non ha figli. Lo è diventato dopo un giuramento in tribunale. Nato a Mori, 60 anni di vita trascorsi a Rovereto, oggi vive negli alloggi protetti di Borgo Sacco. Per 30 anni, fino al 1983, ha lavorato alla Torrefazione Bontadi. Lo stesso anno ha perso la moglie Emilia Barduchi. Da allora, la solitudine: vedovo, senza figli né parenti, ha accompagnato al camposanto tutti i suoi amici più cari. Da pochi mesi, il "nonnino" Giovanni è la felicità in persona. La trasmette a tutti. Non è merito di paradisi chimici, sia chiaro, ma solo delle endorfine prodotte dall'affetto e dal calore che riceve dalla sua nuova famiglia. La "neo-nipote" è Stefania Contro. Lei, vicentina, «per amore del mio Giancarlo», da tre anni e mezzo vive e lavora in città. In maggio, al giudice ha giurato «fedeltà» al suo nonno.

La trama di questa storia si svolge fra le mura dell'enoteca, all'imbocco di corso Bettini. Giovanni torna con la memoria all'ora di pranzo di 18 mesi fa. «Sono entrato in questo posto quasi per caso - racconta - appena dentro, mi è venuta incontro Stefania. Mi ha colpito la sua gentilezza, si è presa subito cura di me. Mi ha fatto sedere al tavolino e mi ha riempito di premure». «Mi sono affezionata a lui fin dal primo momento - racconta Stefania - non l'avevo mai visto prima, ma c'è stato subito rispetto e fiducia reciproca». Da quel giorno, fra Giovanni e Stefania è nata un'amicizia speciale: «Ho cominciato ad accompagnarlo a fare la spesa, dal medico, a fare acquisti - spiega Stefania - Insomma, facevo di tutto per farlo stare bene». L'adozione affettiva si è trasformata in «giuramento di fedeltà» quasi per costrizione. In gennaio, Giovanni si ammala: broncopolmonite. Viene ricoverato in ospedale. Ma Stefania non è una parente. Non può avere informazioni sulle sue condizioni: «E' stato allora che ho deciso di adottarlo come nonno».

L'iter non è stato semplice. Tutelata dall'avvocato Pinalli («ha preso subito a cuore la mia volontà»), ha preparato tutti gli incartamenti. Stesso discorso anche per Giovanni. In marzo e maggio, il doppio giuramento in tribunale. Nessun secondo fine, precisa la direttrice, ma solo aiutare una persona anziana nella quotidianità («dalla spesa ai vestiti») e poi riempirlo di coccole e abbracci.

«Stefania è una brava ragazza, è speciale, una donna da amare, non ce ne sono tante come lei», gongola Giovanni. «E' un terremoto, un viziatello, un bambino a volte troppo capriccioso», ride Stefania. «Ho 89 anni, ho il diabete, ma lo controllo con l'insulina, mangio tanta frutta e verdura, bevo un solo bicchiere di vino a pranzo, poi solo tanta, tanta acqua, faccio ogni giorno lunghe passeggiate, leggo i giornali, guardo la televisione, vado a dormire alle due di notte e mi sveglio prestissimo», conclude l'arzillo nonnino. Li salutiamo, con un sorriso grande così. Vederli abbracciarsi ti spalanca il cuore. Per la nuova famiglia sarà un Natale davvero speciale.













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