Adescano tredicenne in chat: arrestati

Tre uomini dopo aver conquistato la fiducia dell’adolescente l’hanno convinta a scambiare immagini erotiche


di Luca Marognoli


TRENTO. Il mostro c’è ma non si vede. Può entrare in casa vostra e raggiungere i vostri figli adolescenti o poco più che bambini a tutte le ore, nelle loro camerette, anche nel loro letto, dove li credete protetti da ogni pericolo. «Bisogna mettersi nell’ottica che i ragazzi non sono al sicuro solo perché tra le mura domestiche», avverte Tiziana Pagnozzi, dirigente della Polizia postale e delle comunicazioni di Trento. «Spesso chattano la sera, a letto, quando solo completamente soli e, fra l’altro, in un orario più a rischio di essere raggiunti da malintenzionati».

Il mostro ha un’arma invisibile, le chat, in particolare quelle di incontri, di per sé uno strumento di comunicazione come tanti altri ma che finisce in mano a persone senza difese, che diventano facili prede dei pedofili. Mauro Berti, il “superpoliziotto” della Postale che combatte gli “orchi” a caccia di giovani vittime sulla rete, organizza 130 incontri l’anno nelle scuole, nelle parrocchie e nei centri civici per parlare di etica e legalità nella rete, facendo quello che nessun altro (scuola compresa) fa: insegnare l’uso consapevole del web. «Siamo partiti anni fa dalle superiori, ma dall’anno scorso andiamo anche alle medie e alle elementari», spiega l’esperto, che svolge il ruolo di responsabile dell’Ufficio indagini pedofili assieme a un team di collaboratori, una realtà unica in Italia per competenza e livello di specializzazione. «Ci ha stupito che i ragazzini abbiano questa grandissima manualità e abilità d’uso, ma non si rendano conto dell’effetto che questi strumenti di comunicazione producono». Un esempio? «Le foto erotiche ricevute da coetanei dell’altro sesso o dello stesso. Ma è capitato anche il caso dell’amico picchiato che viene fotografato e messo in rete. Tutto ciò produce emozioni che i ragazzi non sono abituati a gestire. Ci sono “fidanzatini in rete” che quando si incontrano dal vivo neppure si salutano». In quel momento, di fronte alla persona in carne ed ossa, tornano ad essere i bambini o gli adolescenti impacciati tipici della loro età.

Per i genitori difendere i propri figli da questi mostri è arduo. Soprattutto perché non sanno che esistono: possono solo intuire che qualcosa non va, come ha fatto la madre della tredicenne adescata di cui parliamo nell’articolo in basso. Ma mamma e papà possono involontariamente contribuire a mettere in pericolo i propri ragazzi. «È importantissimo l’esempio - dice Berti - e se io adulto ho sempre il cellulare in mano non ne do certo uno positivo».

C’è poi la distorsione del concetto di privacy che avviene usando i social: «Ragazzini che dicono ai genitori “non guardare il mio cellulare” poi mettono tutto in rete». Le proprie foto, i propri momenti privati, in altre parole la loro vita, finiscono su una bacheca che tutti - nella maggior parte dei casi - o i propri amici possono vedere e utilizzare in maniera impropria.

C’è un motivo in più per stare all’erta se si vuole bene ai propri figli. «La fascia di età di chi usa le chat si sta abbassando considerevolmente», sottolinea l’esperto. «Sapete qual è il regalo tipo per la prima comunione? Il telefonino». Che oggi viene usato molto più per il web che per le chiamate. Lo smartphone è un computer da tasca sempre connesso. «Ma non un banale pc, qualcosa di molto più personale perché lì dentro c’è il tuo mondo». E se qualche anno fa un argine poteva essere messo inibendo l’uso di internet dal computer di casa, oggi tutto è cambiato: «Con le reti wireless pubbliche o l’hotspot di un amico e sei subito online». La rete è ovunque. Come il mostro.

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