la tragedia

Adan, ci sono dieci medici indagati

La Procura della Repubblica vuole capire perché è morto il profugo tredicenne in carrozzina e ha anche disposto l’autopsia


di Paolo Tagliente


BOLZANO. Omicidio colposo. A meno di una settimana dalla morte del piccolo Adan, il tredicenne curdo affetto da distrofia muscolare spirato all’ospedale San Maurizio dopo un intervento agli arti inferiori fratturati, la Procura di Bolzano ha emesso dieci avvisi di garanzia per il reato di omicidio colposo. Destinatari del provvedimento sono dieci medici in servizio nel nosocomio del capoluogo a cui, in tre distinti momenti la famiglia di Adan, s’era rivolta per i problemi di salute del bambino: la prima volta lunedì2 ottobre, per difficoltà respiratorie e dolori diffusi di Adan, il giorno successivo per ulteriori controlli e poi dimesso mercoledì mattina. Poi era tornato al San Maurizio venerdì 6, dopo la caduta del bimbo dalla sedia a rotelle e la frattura di entrambe le gambe. In quell’occasione, il tredicenne era stato accolto in rianimazione e poi in chirurgia pediatrica, ingessato e sedato con morfina. I medici indagati - si tratta di quattro rianimatori, una anestesista, un pneumologo, tre ortopedici e un pediatra - hanno avuto, in momenti e ruoli diversi, a che fare con il piccolo Adan. Va sottolineato che, come accade spesso nelle prime fasi di un’indagine, si tratta di un atto dovuto (e per questo l’Alto Adige ha deciso di non pubblicare i loro nomi), necessario alla Procura per disporre accertamenti tecnici - in questo caso si tratta dell’autopsia che è stata affidata all’anatomopatologo Dario Raniero dell’università di Verona - ed eventualmente procedere con ulteriori indagini. In un secondo momento, nel caso in cui venissero rilevate mancanze o errori da parte di qualche sanitario iscritto nel fascicolo degli indagati, la Procura provvederà a chiederne l’eventuale rinvio a giudizio, stralciando la posizione di chi invece risulterà privo di alcuna responsabilità in quanto accaduto. Fin dalle ore immediatamente successive alla tragedia, la famiglia del povero Adan aveva protestato per il comportamento di alcuni sanitari del San Maurizio.

In particolare, sembra che la madre avesse chiesto che al piccolo non venisse somministrata anestesia e che una delle gambe fratturate non venisse sottoposta a manipolazione per il riallineamento della frattura. Secondo quando raccontato dalla famiglia, e ripetuto anche dal rappresentante della comunità curda durante la manifestazione svoltasi ieri pomeriggio in città, le istanze della donna, a cui peraltro erano state chieste informazioni sulla terapia e sulle medicine prescritte in Svezia, sarebbero rimaste inascoltate. Tutto questo, però, sarebbe accaduto. Proprio per fare chiarezza, per capire cos’è realmente accaduto, per capire se la morte di Adan poteva essere in qualche modo evitata, ora la Procura ha aperto un fascicolo.

La situazione dopo l’intervento sulle gambe del piccolo, sabato 7 ottobre, sembrava tranquilla e i parametri vitali del tredicenne erano regolari:Adan era stato portato dalla rianimazione al reparto di chirurgia pediatrica: era semi incosciente e sotto morfina, aveva entrambe le gambe ingessate, ma sembrava non vi fossero problemi. nelle ore successive, però, era stata riscontrata un’infezione e al bambino era salita molto la febbre. Le successive difficoltà respiratorie avevano portato a un arresto cardiaco che ha stroncato il bimbo. Erano le due della notte tra sabato e domenica.

Intanto le autorità svedesi hanno annunciato la riapertura della richiesta di asilo della famiglia di Adan che, ricevuto il diniego, era arrivata a Bolzano. Un dietro front che suona come un’amarissima beffa.













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