È morto Baroncini, artista fuori dal coro

Un infarto lo ha stroncato ieri mattina in casa sua. Fu l’artefice del discusso “Zodiaco” scolpito in pietra ai Lavini di Marco



ROVERETO. È sempre stato un artista “fuori dal coro”, che non si è mai riconosciuto in alcuna corrente e che diffidava del mercato che gravita attorno al mondo artistico. Ma a Rovereto era di sicuro un personaggio, soprattutto grazie a quel ciclo, rimasto incompiuto, che lui, Bruno Baroncini, aveva iniziato a scolpire (benché a martello e scalpello preferisse la più tecnologica mola a disco) in un terreno di un amico imprenditore ai Lavini di Marco. Era un ciclo dedicato all’astrologia, e al centro dei dodici segni zodiacali si ergeva un grosso fallo in pietra, visibile anche dalla statale, che suscitò scandalo, polemiche e persino vandalismi. Tanto che lui stesso, dopo l’ennesimo raid vandalico, abbandonò l’opera. Ieri mattina Bruno Baroncini si è spento a causa di un infarto: un arresto cardiaco lo ha sorpreso nella sua casaa-studio di via Bezzecca. L’intervento degli operatori di Trentino emergenza non è bastato per salvargli la vita. Il decesso è stato constatato dal suo stesso medico curante.

Baroncini aveva 70 anni. Era nato quasi per caso in un paesino dell’Alto Adige, ma era trentino a tutti gli effetti. Dopo il diploma, conseguito alla Scuola d’arte di Trento all’inizio degli anni Sessanta, si trasferì a Verona, dove ha vissuto per una decina di anni della propria arte anticonformista. Nel capoluogo scaligero aveva uno studio vicino a quello di Miguel Berrocal, il celebre scultore spagnolo che si era stabilito a Verona nel 1964, e con lui ebbe un rapporto di conoscenza e reciproca stima. Dopo l’esperienza veneta, tornò in Trentino, adattandosi a collaborare con uno studio tecnico, ma continuando a perseguire una propria idea di arte sulla quale non faceva concessioni a nessuno, tantomeno con il mercato. «Era una persona con un carattere spigoloso - racconta Remo Forchini, il gallerista che lo ha ospitato alle Due Spine negli anni Novanta. e con il quale l’artista aveva un rapporto di amicizia - ma molto aperto alle novità. veniva spesso alle Due Spine, gli piaceva confrontarsi con le persone e con gli artisti, anche quando erano antitetici con la sua idea di arte. Ha sempre lavorato fuori dalle varie scuole o tendenze del mercato, tutelando soprattutto la propria libertà creativa, senza mai cercare compromessi con il collezionismo d’arte, benché fosse piuttosto valutato sia in Trentino che in Veneto». Di lui rimangono alcune opere significative, come la “spigolosa” sfera che campeggia nel giardino di palazzo Sichardt, o quella realizzata su commissione per l’associazione Artigiani. Ma certo lo “Zodiaco Duemila”, iniziato nel 1999 e mai terminato, fu quella che lo pose alla ribalta, e anche nel mirino delle critiche. «Un artista sottovalutato - lo ricorda il critico Maurizio Scudiero - che aveva degli sprazzi di genio ma che è rimasto isolato, poiché non ha mai voluto allinearsi a nulla se non alla propria arte». ©RIPRODUZIONE RISERVATA













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