“Ruba” i soldi della madre condannato per peculato 

Lei ammalata di Alzheimer, era stato nominato amministratore di sostegno ma sul conto della donna risultavano spese per articoli sportivi e da elettricista


di Luca Marsilli


ROVERETO. Era stato nominato amministratore di sostegno della madre, ammalata di Alzheimer e ricoverata in una casa di riposo. E forse non ha capito la rigidità formale di un sistema che ha comunque in un giudice tutelare il proprio punto di riferimento, o forse ha provato a fare il furbo. Sta di fatto che si è trovato accusato di peculato: un reato che prevede una pena da 4 a 10 anni di reclusione. Il peculato è il reato tipico dei pubblici amministratori, ma chi viene nominato amministratore di sostegno, in quella veste diventa pubblico ufficiale e quindi rientra in pieno nella fattispecie. E si trova a rispondere di un reato punito almeno quattro volte più severamente dell’appropriazione indebita: stesso comportamento, ma da parte di chi non è pubblico ufficiale.

Il caso di C.A, roveretano e residente in Vallagarina, risale al 2014. A un certo punto ha smesso di pagare le rette della casa di riposo dove era ricoverata la madre. Il giudice tutelare lo ha convocato per avere chiarimenti, e non si è nemmeno presentato. A quel punto il magistrato gli ha revocato l’incarico di amministratore di sostegno, nominandone un altro. Il nuovo amministratore ha scoperto che sul conto corrente su cui finiva la pensione della donna c’era molto meno di quanto ci si potesse aspettare. Una verifica sul conto, gestito tra l’altro con un bancomat da parte del figlio, ha permesso di ricostruire acquisti difficilmente compatibili con la cura di una anziana gravemente disabile, come spese in negozi di articoli sportivi e in forniture da elettricista. In tutto risultavano spesi in modo non congruo 6.500 euro, e non ha potuto fare altro che denunciarne la sparizione. L’accusa di peculato per C.A. nasce da quella segnalazione.

L’uomo si è difeso spiegando che sua madre quando ancora stava bene aveva il vizio del gioco, e che lui aveva ripianato dei debiti che la donna aveva lasciato. Ovviamente con soldi liquidi propri, ma “rimborsandosi” con acquisti per sé fatti con il conto della madre. Una tesi che però non è stato in grado di supportare con prove di qualsiasi genere. Non si può certo escludere che sia andata così, ma al giudice serve ben altro per assolvere. C.A. ha chiesto il rito abbreviato già davanti al Gup Riccardo Dies, e gli è andata anche bene. Partendo dal minimo della pena, con un terzo di diminuzione per le attenuanti generiche e un altro terzo per la scelta del rito abbreviato, la condanna è scesa fino a 1 anno 9 mesi e 10 giorni. Restando nel limite per ottenere la sospensione condizionale della pena.

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