«In pochi anni cambieremo la città» 

Carlo Plotegher: «Il progetto complessivo è ambizioso e passa per le nuove strutture, dal sottopasso alla autostazione»


di Luca Marsilli


ROVERETO. Due settimane fa il segretario del Pd Fait, lanciando quasi una campagna elettorale, aveva definito come centrale per il confronto politico sulla città il tema della viabilità. Serve una rivoluzione, diceva, perché i tentativi messi in campo fino ad ora dall’amministrazione Valduga non hanno dato gli effetti sperati. In realtà, gli risponde l’assessore Carlo Plotegher, fino ad oggi si è lavorato molto più sulla fase progettuale e nel recupero dei fondi necessari. Oggi si sa cosa fare e ci sono quasi 50 milioni per realizzare i più urgenti degli interventi necessari. Insomma, è vero che serve una “rivoluzione”, ma è già in cantiere.

Partiamo dal metodo?

È determinante. Il sindaco e tutta la giunta non hanno mai fatto mistero di considerare la mobilità una delle criticità di Rovereto. Come tale l’abbiamo presentata in Provincia, ottenendo col protocollo d’intesa del 2016 una “apertura di credito” straordinaria. Parliamo di quasi 50 milioni già stanziati, che attendono solo i progetti definitivi per essere spesi. Ma un intervento serio e decisivo non poteva basarsi su semplici opinioni : da quel protocollo è nato un gruppo di lavoro con tecnici nominati da Rovereto, Provincia e Comunità della Vallagarina. Un anno di confronti e lavoro hanno portato a individuare dieci possibili scenari di intervento, tutti tecnicamente sostenibili, organici e potenzialmente funzionali allo scopo. Tra quelli si è scelto quello che a quasi tutti è sembrato il migliore. Era la fine del 2016: da allora tutto quello che si è fatto va in quella direzione. Sono tasselli, ovviamente, e per ora non i più significativi. Ma c’è un disegno complessivo in cui si inquadrano. E nel quale vanno valutati.

L’asse portante?

Ragionare sulla mobilità come esigenza di movimento delle persone, non sulla viabilità come complesso di strade. E guardare avanti prendendo esempio dal resto d’Europa. La soluzione non può essere un sottopasso o una strada in più, ma un ripensamento complessivo del modo di raggiungere la città e spostarsi nel centro. Quindi chi parla di bicicletta, trasporto pubblico, riduzione del traffico e della velocità a vantaggio della qualità della vita ragiona esattamente come noi. I loro contributi nella fase di confronto pubblico ora per la revisione del Pum e per la definizione degli interventi sulla città sono i benvenuti.

Il nodo centrale anche nei progetti previsti dal protocollo d’intesa resta piazzale Orsi.

Inteso come areale, sicuramente sì. I tasselli essenziali sono la realizzazione del sottopasso ciclopedonale da piazzale Orsi a via Zeni; i “passaggi gemelli” per fluidificare il traffico sulla statale; l’autostazione nell’area a Ovest dei binari; i parcheggi sia per le auto che per le biciclette su entrambi i fronti, est e ovest, della stazione. Lì nascera un centro internodale di eccellenza. Dove si arriverà in treno o corriera o autobus o bicicletta o in auto, per spostarsi in città o fuori dalla città con mezzi diversi. Nel complesso di parla di quasi 50 milioni di euro, non è una schiocchezza. Ma quei soldi ci sono e i progetti sono ormai in fase avanzata di definizione. Sarà quello il fulcro del ripensamento della mobilità complessiva della città.

Il protocollo prevedeva anche la tangenziale leggera.

E pensiamo che sia necessaria. Perché c’è comunque sempre una parte di traffico parassitario di attraversamento, che tolto dalla città garantirà più vivibilità a tutti. Da sola non basterebbe a risolvere tutti i problemi. Nel complesso di interventi previsto dallo scenario complessivo, potrà dare una mano importante.

Se la logica è quella di ridurre i flussi veicolari, servono alternative. Le bici? I bus?

Certo. A potenziare le linee di bus abbiamo già cominciato. Sulle biciclette poi dobbiamo avere un approccio contemporaneo: oggi in Europa la bici si considera competitiva con gli altri mezzi di trasporto entro i 12 chilometri. E con la pedalata assistita, non serve essere atleti: è un vero e proprio mezzo di trasporto. Per questo con la Comunità di Valle stiamo lavorando per le ciclabili di collegamento, ma è dalla Provincia che servirà uno sforzo decisivo. Perché finora ha investito molto, ma soprattutto pensando alla bici come strumento di tempo liberoe turismo. Noi la pensiamo come mezzo alternativo all’auto. Serve una dorsale da Ala a Besenello e dalla Destra Adige a Sacco e San Giorgio. E quella compete alla Provincia. Noi lavoreremo sulla città.

Per esempio?

Nella revisione del piano della mobilità che stiamo avviando abbiamo delle ipotesi, che ora andranno discusse con circoscrizioni, associazioni di categoria e cittadini. Ma per esempio ipotizziamo un collegamento completo da Marco al centro lungo la Statale, la realizzazione di una ciclabile su via Manzoni, se non la si riterrà superata dal sottopasso e il doppio senso per le biciclette, con un percorso protetto, in via Campagnole.

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