“Chernobyl chiama Rovereto”, da 23 anni 

I soggiorni dei bambini ucraini in Vallagarina. Ogni estate, dal 1996, vengono accolti i piccoli nati nelle zone contaminate. Gli effetti delle radiazioni dureranno per centinaia di anni


PATRIZIA BELLI


Rovereto. Era il 26 aprile del 1986, quando a Chernobyl il reattore esplose. Trentatré anni fa. Una professoressa di filosofia che abitava a 18 km dalla centrale nucleare raccontò quel giorno in cui il cielo si illuminò di stelle di morte. «Era la prima serata di tepore primaverile dopo un inverno rigido e interminabile. E questa fu la nostra disgrazia. Molta gente di Chernobyl indugiò fino a tardi per le strade e sui davanzali delle finestre. I bambini tiravano a lungo le cose da fare prima di andare a dormire. Non li rimproverammo perché anche loro, come noi, avvertivano il piacere d'una primavera finalmente arrivata. E l'indomani non sarebbero andati a scuola. Tutto accadde come in una favola arcana. Nel cielo, altissime, comparvero all'improvviso girandole di stelle enormi che sembravano accendersi e poi improvvisamente spegnersi cadendo come in un gigantesco fuoco d'artificio. Rimanemmo affascinati a guardare quello spettacolo insolito e bellissimo. E chiamammo i bambini perché anche loro ne godessero. Poi le stelle scomparvero e rimase soltanto una scia di fumo che ogni tanto si colorava di fuoco».

“Chernobyl chiama Rovereto”

Dal 1996 alcune famiglie di Rovereto hanno dato vita all’associazione “Chernobyl chiama Rovereto” guidata dalla presidente Maria Antonietta Collini. Ogni anno accolgono nelle loro case i bambini (dai 7 ai 9 anni) provenienti da Chernobyl. Alcuni di questi bimbi sono i figli dei primi fanciulli arrivati a Rovereto. In questi anni si è creato un legame di solidarietà fortissimo. Alcuni si stupiscono che a 33 anni da Chernobyl serva ancora accogliere i giovanissimi abitanti ucraini, ma la radioattività è un’ombra lunga che continua a lavorare (alcuni studi parlano di terreni contaminati per 400 anni). Secondo Greenpeace sono cinque milioni le persone che in quelle terre sono esposte quotidianamente alle radiazioni, mentre i governi stanno tagliando i programmi di protezione che finora avevano alleviato almeno in parte le sofferenze della popolazione, tra l’altro molto povera in queste zone. «Dalle leucemie – spiega Collini- si è passati alle calcificazioni, a disturbi cardiocircolatori, alla sterilità nelle ragazzine e molti ermafroditi. Ma il nostro progetto non è solo permettere a questi bambini di vivere lontani dalle aree contaminate, è anche voler condividere con loro la nostra quotidianità perché a Metcha, il villaggio da cui provengono i più, i servizi sono irrisori e la miseria tanta. Il paese un tempo era un importante granaio di foraggio e ora non vi è più alcuna coltivazione e si è azzerata anche la vendita di legname (Ikea ha abbandonato gli acquisti perché il legno era contaminato)». I tanti genitori che accolgono i piccoli di Chernobyl non hanno in animo di sostituirsi alle famiglie di origine, solo donare a questi bimbi un’esperienza di amicizia e condivisione. Nel mese di soggiorno i piccoli vanno a scuole (alle Gandhi con un’interprete), in gita, dal pediatra e vivono tanti momenti sereni in famiglia. Un dare e ricevere continuo.

In 16 anni ospitati 150 bimbi

L’associazione roveretana dal 2003 ha ospitato 150 bambini coinvolgendo 108 famiglie di Rovereto e della valle. «Ognuno di noi – spiega Collini - può fare la differenza nella vita di un bambino, che col nostro aiuto ha speranza di migliorare il proprio futuro». In questi giorni, la Biblioteca Civica di Rovereto accoglie la mostra dei disegni dei bambini dal titolo “I colori dell'accoglienza” (fino al 27 Ottobre) realizzati durante il laboratorio di pittura con il pittore Gianni Turella nel suo studio di Isera. Dopo tanti anni si può pensare che sia diventato un gesto di abitudine ospitare gli eredi giovanissimi di Cherbobyl. Non è così, rimane un gesto di accoglienza, di prendersi cura dell'altro che non viene appannato dall’abitudine. Un gesto che ci rammenta la tragicità di un popolo colpito dal più devastante incidente nucleare della storia e che vive tutt'ora le pesanti eredità dalla radiazione. Un gesto speciale che non dimentica i piccoli di Chernobyl.















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