S. Romedio, assalto dei pellegrini 

Folla alla messa celebrata dal vescovo Tisi e nella foresteria per le trippe e la novità orzo con baccalà


di Giacomo Eccher


SAN ROMEDIO. La giornata feriale non ha scoraggiato la folla dei fedeli di San Romedio che ieri, in occasione della festa patronale di metà gennaio, hanno affollato per tutta la giornata l’antico eremo immerso nella neve. Alla prima messa, celebrata alle 9, si è schierata, agli ordini del capitano Marco Bertagnolli, anche la Schützen Kompanie “Bepo de Miller Val de Non” che nello stendardo riporta l’immagine del santo originario di Thaur in Austria e molto popolare nelle popolazioni tirolesi di qua e di là dal Brennero. Alle 11 la messa solenne, e già un’ora prima tutti i posti erano esauriti nella chiesa maggiore del santuario per il rito celebrato dall’arcivescovo monsignor Lauro Tisi, con accompagnamento del coro Pensionati Terza Sponda di Revò.

Affollata all'inverosimile pure la lunga scalinata che sale dal chiosco fino alla sommità del Santuario e piena come un uovo pure la cappella di San Michele, collegata con altoparlante con la chiesa superiore. Il benvenuto all'arcivescovo, ai fedeli ed alle numerose autorità (tra cui i sindaci dei comuni che fanno da corona all’eremo), è venuto dal priore padre Giorgio. «Anche oggi una grande partecipazione devozionale. I fedeli crescono di numero anno dopo anno a dimostrazione dell’attualità del messaggio di San Romedio» - ha detto ricordando le oltre mille persone che la sera della vigilia hanno preso parte alla “camminata nella notte” partita dalla basilica di Sanzeno per raggiungere a piedi il santuario illuminato con le candele. «Una folla così numerosa che mai mi sarei aspettato e che completa un'annata che per San Romedio è stata eccezionale, con un picco che in luglio ed agosto ha toccato le 4.000 presenze giornaliere» - ha concluso il priore.

San Romedio, per la sua posizione in una valle stretta e selvaggia dove l’unico rumore è quello dell'omonimo torrente, è sinonimo di solitudine, ed è da questo aspetto che è partita la riflessione dell’arcivescovo «perché – ha esordito – solo chi sta bene con se stesso riesce a star bene anche con gli altri. Ma per star bene con se stessi bisogna capirsi nell'intimo senza i condizionamenti dei messaggi che ci martellano in continuazione nella vita quotidiana. Oggi spesso le persone dicono non ho tempo per me perché troppo indaffarate e prese da mille impegni e messaggi che ci bombardano. Non avere tempo per se stessi significa che il nostro tempo non ci appartiene e che ce lo scandiscono gli altri: quindi siamo dei robot in balia di segnali ed input che ci condizionano dall'esterno trasformandoci in automi. Per questo il messaggio “della buona solitudine” che viene da San Romedio è così attuale e coinvolgente» - ha concluso il vescovo.

Al termine della messa il tradizionale bacio delle reliquie del Santo e quindi via libera alla festa nella foresteria, dove senza interruzione per tutta la giornata sono state serviti piatti fumanti di trippe alla parmigiana e, novità di quest'anno, anche una speciale minestra di orzo con il baccalà. A preparare il pasto del pellegrino (le trippe) e del viandante (l’orzo con il baccalà) gli alpini del Nuvola che hanno cucinato oltre 130 kg di trippe e 35 kg di baccalà con la supervisione dello chef “alpino” Bruno Sicher del ristorante Pineta di Tavon.

Per il vescovo, i sindaci e gli ospiti politici i frati hanno preparato il pranzo nell’antica sala Thun dell’eremo. Impeccabile l’organizzazione della giornata che si è svolta con grande ordine nonostante la folla grazie anche al blocco del traffico privato fermato a Sanzeno. L’accesso all’eremo era infatti solo a piedi o con i bus navetta messi a disposizione gratuitamente dai Comuni di Sanzeno, Predaia e Romeno.















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