«Quel cantiere racconta la Mendola abbandonata» 

La denuncia di Franz Vescoli. Lo storico albergatore del Waldheim e i lavori della ciclabile da tempo fermi proprio davanti al suo hotel: «Ma è solo la goccia che fa traboccare il vaso»


Giacomo Eccher


Mendola. «Costretti a convivere da un anno e mezzo vicino ad un cantiere che non si muove, se non è abbandono questo che cos’è?». A dirlo è Franz Vescoli, 79 anni, origini fiemmesi (di Redagno, paese di lingua tedesca) da 48 anni in valle di Non appunto al Waldheim. Il cantiere infinito è quella del secondo lotto della ciclabile Fondo–Mendola che parte proprio davanti all’hotel che si trova all'incrocio con la strada provinciale di Ruffré. Vescoli non è personaggio dalla lamentela facile, ed anche stavolta ci ha pensato bene prima di esternare le preoccupazioni ma adesso non ne può più: «Il cantiere della ciclabile, che doveva essere chiuso da mesi, è solo una delle gocce che fanno traboccare il vaso, in realtà qui l’abbandono è generale, basta inoltrarsi in uno dei sentieri che partono da questa località per trovarsi non dico nella giungla ma quasi. E questo alla faccia dei tanti proclami sulla vocazione turistica che dovrebbe essere la principale risorsa per l’Alta valle di Non».

Quando c’era voglia di fare

Vescoli, che è di madre lingua tedesca, in questa zona ci aveva creduto da giovane aprendo, all’incrocio dove oggi è sorto l'albergo, un piccolo chiosco bar con alcuni tavolini all’aperto. Erano gli anni Settanta, c’era voglia di fare e, la Mendola non era la decaduta di oggi. La zona, per l’albergatore arrivato da Fiemme, aveva tutte le carte giuste per fare buon turismo. Così da quel bar chiosco un po’ alla volta è nato l’attuale Hotel Waldheim, struttura a tre stelle che conta 50 camere con 100 posti letto ufficiali. Adesso però è sfiduciato: non tanto per il lavoro, che fortunatamente non manca grazie al passa parola ed all’assidua promozione sopratutto verso il Nord Europa, ma per lo stato di degrado ed abbandono che si percepisce in tutta la zona.

Tanta trascuratezza

«Non è che ci siano disastri - afferma - ma piuttosto trascuratezza, scarsa o nulla manutenzione con segnaletiche poco ordinate che si sormontano disorientando gli escursionisti. Piccole cose che non impegnano grandi risorse ma che messe insieme formano l’immagine di un territorio che è la materia prima su cui l'albergatore appoggia la sua attività». Le responsabilità? «Purtroppo non si sa mai di chi è la colpa. Per i Comuni la pulizia dei sentieri e del bosco spesso è l’ultimo dei pensieri, poi c’è la Forestale con tutta la burocrazia del caso, e chissà chi altro. Io penso che il decoro del territorio dovrebbe essere al primo posto delle preoccupazioni delle amministrazioni. E quanto all’Azienda per il turismo, anche se non ha responsabilità diretta, dovrebbe ugualmente farsene carico spingendo chi di dovere a fare ciò che va fatto». Adesso all’Apt c’è un nuovo direttivo e Vescoli spera che cambi qualcosa: «Intanto mi piacerebbe vedere una volta l’attuale presidente Lorenzo Paoli varcare la porta del mio albergo, quello che c’era prima non l’ho mai visto».

Il vero cruccio

Non basta però lamentarsi, occorre anche proporre. E Vescoli è uomo del fare. Non per nulla è stato il promotore della seggiovia del Monte Nock (attualmente dell’Altipiani Val di Non Spa) che vorrebbe veder funzionare, l’inverno, non solo in notturna come capita da qualche anno, ma anche di giorno, ovviamente quando le condizioni climatiche lo consentono. Ma il vero cruccio riguarda l’abbandono del Monte Penegal: «È una sofferenza assistere ai commenti di delusione degli ospiti che salgono su quello che fino a non molti anni fa era definito il più bel panorama dell'arco alpino». Purtroppo passano gli anni nell’indifferenza generale. Ma le opportunità che sfuggono non tornano più.

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