Da oratorio a “Casa Cles” grazie ai fratelli Demagri 

L’impresa che ha acquistato il “San Rocco” ha voluto mantenerne l’originaria  funzione sociale realizzando un progetto di cohousing per persone anziane


di Fabrizio Brida


CLES. Scrivere una nuova storia, mantenendo vivo il ricordo di quella passata. Mercoledì “Casa Cles” – il nuovo progetto di cohousing per persone anziane sorto al posto dell’ex oratorio San Rocco – aprirà ufficialmente le porte ai suoi primi tre ospiti. Qui non saranno solamente coinquilini che vivono sotto lo stesso tetto, ma condivideranno necessità e valori, accettando di vivere in un ambiente che coniuga aree comuni con inviolabili spazi di privacy.

Una struttura all’avanguardia, ma anche un edificio che racchiude tanti ricordi e una storia alla quale i clesiani sono affezionati che merita di essere raccontata. Una storia legata all’intrecciarsi delle vicissitudini della parrocchia, proprietaria di tutto quest’ambito: il parco, l’oratorio, il teatro, la chiesa, la canonica sul lato opposto della strada.

Costruita tra il ’37 e il ’39 su progetto dell’ingegner Taddei, la casa era nata inizialmente come oratorio femminile e negli anni ha poi ospitato iniziative diverse: dai corsi di ballo alle lezioni di musica, alle feste di fine anno. Tutti i giovani di Cles delle ultime generazioni sono transitati da questo luogo che profuma di storia e di comunità. Ma anche un luogo che in tempi recenti ha rischiato di sparire e che nel 2014 è stato acquistato dall’Impresa Demagri, in grado di coglierne appieno il valore. «L’intenzione della nostra famiglia – spiega Franco Demagri – era di attuare dei lavori di ristrutturazione mantenendo la natura sociale per la quale l’edificio era stato costruito. Così, insieme all’architetto Silvio Mucchi, abbiamo progettato un ambiente improntato sull’abitare collaborativo». Il progetto cerca di trovare soluzioni innovative per affrontare i recenti cambiamenti delle strutture familiari e i problemi a essi connessi. Per offrire un servizio di qualità la ditta Demagri si è poi rivolta alla Cooperativa Sad, molto conosciuta in ambito sociale, «che secondo noi ha tutti i requisiti necessari per gestire il progetto con competenza e professionalità» dice ancora Franco Demagri, che prosegue: «Ci tengo a ringraziare mia moglie Paola, che si è occupata di design, delle finiture e dei colori. E grazie anche a mio fratello Fabio, che ha fatto dei sacrifici enormi per completare i lavori in tempo, mettendo a disposizione la sua opera e il suo ingegno».

L’idea di una casa che potesse offrire questo tipo di servizio è nata rilevando come a Cles ci siano molti anziani autosufficienti che abitano in appartamenti troppo grandi nei quali non riescono a trovare un soddisfacente modo di vivere.

«Se la ditta avesse mirato al mero profitto – aggiunge l’architetto Mucchi – probabilmente avrebbe destinato la struttura ad altro. Invece ha voluto mantenere la natura dell’edificio, garantendo un servizio al paese che scriverà una nuova storia, compatibile con quella passata».

E così è stata anche tutelata l’identità di Cles. «Questo è l’ambito sede dell’antica banda – commenta il sindaco Ruggero Mucchi – del primo teatro, della chiesa di San Rocco, trasferita qui a metà ‘800. C’è il collegamento al parco del Doss di Pez e porta il nome del primo ospedale del ‘300. Mi piace l’idea che qui gli anziani potranno essere a contatto con giovani e bambini». Perché le grida di un bambino che gioca e si diverte, per un anziano sono dolci suoni di felicità.













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