Cesarino Fava, il solandro che salì sul Cerro Torre con Maestri

Malé. «Ho avuto modo di fare alcune serate insieme a Cesarino Fava sul tema della montagna; mi aveva proposto di andare in Argentina insieme, di scalare l’Aconcagua, avrebbe organizzato lui il campo...


Carlo Antonio Franch


Malé. «Ho avuto modo di fare alcune serate insieme a Cesarino Fava sul tema della montagna; mi aveva proposto di andare in Argentina insieme, di scalare l’Aconcagua, avrebbe organizzato lui il campo base, - racconta Gianfranco Corradini, forte scalatore di Tassullo disabile, molto noto per le sue imprese alpinistiche -. Insieme non abbiamo potuto fare niente, perché era già molto avanti negli anni, ma ho mantenuto fede e ho raggiunto quella vetta, molto impegnativa per le grandi escursioni termiche».

Cesarino Fava, nato a Malé il 12 giugno 1920 e morto nello stesso paese di nascita il 22 aprile del 2008, secondo di 10 figli, a 18 anni lavorò al Brennero per una compagnia di trasporti. Con l’inizio della guerra fu chiamato a fare il servizio militare in Val d’Aosta. Al termine, fu costretto dalla grande crisi economica a emigrare e si imbarcò come macchinista per Buenos Aires dove svolse diversi lavori, da lavapiatti, a gestore di un chiosco di bibite, ad allevatore di polli. Si appassionò alla Patagonia e fondò il primo Club Alpino Argentino. Nel 1959 scalò per primo il Cerro Torre, assieme a Cesare Maestri e Toni Egger, un’impresa epica che è ricordata spesso anche oggi. Nel 1953, durante l’ascensione dell’Aconcagua, si congelò le dita dei piedi e da allora dovette portare scarpe speciali, molto corte, per cui fu soprannominato “Ppatacorta” (che significa zampa corta). L’invalidità non fermò Cesarino Fava che continuò la sua attività di scalatore fino all’età di 81 anni, quando aprì una nuova via sulla Cima D’Ambiez nelle Dolomiti di Brenta, che fu chiamata proprio Patacorta. Nel libro “Cerro Torre” l’autore Kelly Cordes scrive: «Quando Cesarino Fava era partito alla volta dell’Aconcagua, nel 1953, era un umile immigrato. Al suo ritorno, era umile, invalido e immigrato. Dopo alcuni articoli pubblicati subito dopo, in Argentina, il ricordo di quella storia si era sbiadito; quando la versione di Fava venne fatta circolare ampiamente, l’episodio crebbe fino a diventare leggenda».

Il periodo difficile che stiamo vivendo non ha permesso di celebrare l’evento dei 100 anni della nascita di Fava, ma il Centro Studi Val di Sole è al lavoro per preparare una grande manifestazione. La sua biografia si trova nel libro “Patagonia. Terra di sogni infranti” che lui pubblicò nel 2017.

L’impresa più eroica della sua vita fu il recupero di un alpinista americano abbondonato dalla sua guida sull’Aconcagua. Per quell’azione dal grande valore umano, pagò un caro prezzo: perse le dita dei piedi.













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