cavedine - perplessità sulle prescrizioni alla variante al prg 

Recupero edifici agricoli: accolte 100 richieste 

Più di 30 invece sono state respinte perché gli immobili sono stati ristrutturati dopo il 1993



CAVEDINE. L’approvazione con prescrizioni della variante al Prg del Comune di Cavedine, avvenuta nel corso del 2018, ha lasciato aperte non poche perplessità riguardo al criterio di applicazione del R.E.C.A. (ossia “riuso degli edifici della cultura agricola”), per la possibilità di concedere ai numerosi manufatti, disseminati principalmente lungo il versante che digrada verso il lago di Cavedine, un loro parziale (in termini percentuali in base alla superficie dell’immobile) utilizzo residenziale; si tratta, in altre parole, delle cosiddette “residenze temporanee”, dove accanto al prevalente utilizzo della superficie dell’immobile a scopo agricolo, è concesso destinare una minima parte dello stesso all’utilizzo a scopo residenziale (ad esempio per consumare i pasti).

Su 132 richieste avanzate dai vari proprietari, ne sono state accolte un centinaio; escluse tutte le altre. Il criterio adottato dalla Provincia si rifà alla legge urbanistica del 2008, che pone come discriminante per il riconoscimento o meno della “semi-residenzialità” l’anno 1993 (ossia la retroattività di 15 anni rispetto al 2008): di conseguenza gli edifici che dal 1993 in poi sono stati oggetto di ristrutturazione con ampliamenti o meno non hanno potuto ottenere tale requisito. È bene dire subito, per non cadere in facili equivoci, che per i manufatti ristrutturati non si trattava di alcuna sanatoria edilizia, in quanto i lavori effettuati erano compatibili con gli strumenti e forniti quindi di regolare autorizzazione sia paesaggistica (Commissione tutela) che edilizia (Commissione comunale).

In realtà, come si chiariva nella relazione del progettista architetto Furio Sembianti, il riconoscimento della semi-residenzialità va a braccetto con la storia paesaggistica di quei luoghi, nel senso che quegli antichi manufatti di campagna, dislocati lontano dalle residenze, servivano nel passato soprattutto per dare al contadino quel minimo di comfort per ripararsi dalle intemperie e per riscaldare i pasti (presenza di focolari e/o camini) durante la permanenza giornaliera, visto che per il viaggio di andata e ritorno a piedi o con il carro ci si impiegava alcune ore. Va rilevato inoltre che da qualche decennio in qua si è verificato con una serie di bonifiche un ritorno all’agricoltura specializzata di quell’area ed è evidente che diversi proprietari, oltre al cambio di coltura, hanno cercato di recuperare, compatibilmente con gli strumenti urbanistici in vigore, anche i manufatti dei loro avi. Una penalizzazione, quindi, poco comprensibile. (m.b.)













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