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Donne e violenza, il recital di Silvia Furlan va a segno

CAVEDINE. La Biblioteca intercomunale “Valle di Cavedine, oltre a garantire l’apertura dei suoi 5 punti lettura, dislocati sul territorio dei comuni di Cavedine e Madruzzo, solitamente organizza...



CAVEDINE. La Biblioteca intercomunale “Valle di Cavedine, oltre a garantire l’apertura dei suoi 5 punti lettura, dislocati sul territorio dei comuni di Cavedine e Madruzzo, solitamente organizza vari appuntamenti culturali con riferimento alle varie ricorrenze, legate all’approfondimento di tematiche, ritenendo che la “forza” della cultura sia uno strumento veramente valido per vincere certe battaglie di costume, ancora purtroppo legate ad un conformismo di facciata.

È il caso di quello di alcuni giorni fa sulla violenza delle donne, uno spettacolo che è stato molto apprezzato con una buona risposta da parte del pubblico presente in sala: da sottolineare la presenza di un gruppo di giovani ragazze e ragazzi della vicina scuola secondaria di primo grado, che stimolate dalla tematica sviluppata in classe non hanno voluto perdere l’occasione di una simile opportunità. Lo spettacolo dal titolo “Io spero in meglio” con Silvia Furlan per la regia di Elena R. Marino (produzione Life Art 14 – Teatro in corso) con ironia ha portato all’attenzione del pubblico il linguaggio ricco di pregiudizi e spesso poco rispettoso con cui ci si rivolge alle donne.

Mentre il focus e l’attenzione dei giornali sono spesso mossi solo dalla violenza fisica del fatto di cronaca, il linguaggio violento è qualcosa che tutte le donne possono sperimentare nella loro vita di tutti giorni. Allo stesso tempo il linguaggio è anche il campo in cui tutti noi possiamo migliorare e fare attenzione, sforzandoci ad usare un linguaggio rispettoso e attento. Sul linguaggio, così come sull’accesso al mondo del lavoro per uomini e donne, ahimè tutt’altro che paritario, si è concentrato il breve dibattito che ha seguito lo spettacolo.

Il pubblico, invitato da una bravissima Silvia Furlan da sola in scena in questo ironico, ma profondo spettacolo e da Elena Marino regista del monologo che ne ha curato anche tutta la parte tecnica, ha approfondito le scelte linguistiche di tutti i giorni, concordando sull’importanza di fare attenzione a quanto sentiamo ma anche a quanto diciamo e ha riflettuto su come sia necessario lavorare per permettere a tutti, bambine e bambini indistintamente, di realizzare i propri sogni professionali con impegno e dedizione, ma senza precludersi nessuna strada sulla base del loro essere maschi e femmine. (m.b.)













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