Storo 

Si è spento lo storico panificatore Luigi Bonetti

Storo. Da tempo Luigi Bonetti non stava bene e dopo un breve periodo trascorso all'ospedale di Tione da una settimana a questa parte era stato trasferito alla Casa di riposo di anziani di Bezzecca...



Storo. Da tempo Luigi Bonetti non stava bene e dopo un breve periodo trascorso all'ospedale di Tione da una settimana a questa parte era stato trasferito alla Casa di riposo di anziani di Bezzecca dove ieri mattina è deceduto. Aveva 84 anni e abitava a Ca Rossa ( costruzione appartenente al docente universitario Antonio Scaglia) con i due figli. Le onoranze funebri si terranno alle 14.30 di domani a Storo.

Era originario di Anfo (BS) ma la sua figura, strana, a volte trasandata ma buona con la B maiuscola, era legata a più panifici di cui l'ultimo, Pane Doc, a Ledro. Inizialmente si era formato e affermato a Milano dove a due passi dal Palazzo di Giustizia aveva forno e negozio. Tra i suoi quotidiani clienti l'avvocato Giuseppe Prisco all'epoca vice presidente dell'Inter di Ivanoe Fraizzoli con il quale aveva sempre mantenuto un buon rapporto.

Negli anni 50 il popolare Bonet era tra i pochi ad avere prima moto e poi auto. Ad uguagliarlo il compaesano condinese Gioacchino Orlandoni (di cui era pure amico), sarto e tuttofare con organo, fisarmonica, paramenti e vicende di sagrestia ma proprietario pure lui di una Topolino A. Circa 25 anni fa Bonet si convince di lasciare il capoluogo lombardo e trova casa su le alture di Storo nella villa del dottor Mario Delaiti. Nel contempo, come lavoro, approda a Riva del Garda dove con Vivardelli e Bondoni sforna pane, pizze e pasticini sino a Malcesine. Poi un'altra sfida ancora con l'apertura a Tiarno di Sotto della forneria Pane Doc dove le sue pagnotte approdavano in più valli e dove lui fino a due mesi fa era sempre il primo ad arrivare per dar corso al primo impasto.

«E' anche ben vero che spesso e volentieri era solito attardarsi ai Bar da Gemma e al Raolt (ambedue in piazza Unità d'Italia) per la solita partita a carte i cui amici – ricordano Battista Berti e Renzo Pizzini - non gli mancavano». A.P.













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