"Ombre russe" che Salvini deve chiarire



Delle due l’una: o il primo Savoini che capita si può imbucare come se niente fosse in cene e vertici di Stato, prendendo posto a pochi centimetri dal nostro ministro dell’interno - anche in summit con delegazioni russe che non lasciano esattamente al caso i controlli - o Savoini è in qualche modo organico alla Lega.

In entrambi i casi, sarebbe bene che, anziché definire ridicole le inchieste, il vicepremier Matteo Salvini spiegasse alcune cosucce. Al di là di quanto accerterà la magistratura sugli eventuali flussi di denaro, il gran capo leghista dovrà chiarire prima di tutto chi sia davvero questo Savoini; come mai sia stato al suo fianco in più di un’occasione e in nome e per conto di chi quest’uomo fosse al vertice del Metropol di Mosca in cui si parlava di denaro e di petrolio.

Il ministro ha già scaricato il “collaboratore” che - leggendo l’ultimo libro di Claudio Gatti - risulta peraltro iscritto alla Lega dal 1991, dipendente della Padania dal 1997, vicino a circoli neonazisti, a lungo gran collaboratore di Bossi, portavoce di Salvini per un periodo e infine presidente dell’associazione Lombardia Russia.

In queste ore - sul fronte della Lega - si evocano antichi fantasmi, si ricordano antiche accuse e antiche vicinanze (di altri partiti) con certi mondi, nella consueta opera di distrazione di massa. Una scorciatoia che piace tantissimo anche a molti tifosi del capitano, portati sempre a pensare che dietro ogni accusa al grande capo ci siano chissà quale complotto e chissà quali ingiustizie. Ma le “ombre russe” non si possono liquidare come qualcosa di normale. Vanno dissipate. Vanno chiarite. Prima di tutto a elettori che hanno puntato - anche da queste parti - su forze che, almeno a parole, predicano il cambiamento e sbandierano l’onestà come un vessillo. Non si tratta di fare processi di carta. Si tratta di dire se ci si può fidare di chi non siede ai vertici di una bocciofila - sia detto con profondo rispetto delle bocciofile -, ma al Viminale. Questa non è la trama di una scadente imitazione di un film di 007, anche se a tratti sembra tale: è la storia, tutta da chiarire, dei rapporti fra il principale azionista del nostro governo - perché questo è oggi la Lega, a dispetto di un Movimento 5stelle in caduta libera - e la Russia. Una storia che, fino a prova contraria, si fatica a considerare normale, già vista o consueta. 













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