Opec-non Opec, per l’Aie il contenimento dell’output ha fatto centro



Quotidiano Energia - La riduzione dell’output dei produttori Opec-non Opec aderenti al patto di Vienna è a un passo dal raggiungere l’effetto sperato. Lo certifica l’Aie nell’Oil Market Report pubblicato oggi, osservando che a febbraio gli stock oil dei Paesi Ocse - cartina al tornasole della strategia nata dall’intesa tra Riad e Mosca – hanno segnato un altro passo indietro di 26 milioni di barili, portandosi a soli 30 mln b dal livello medio degli ultimi 5 anni, obiettivo dichiarato dell’alleanza. Non solo, perché alle stime attuali, secondo l’agenzia, tra il secondo e il quarto trimestre dell’anno gli stoccaggi potrebbero calare ancora a un ritmo di 600.000 b/g, con l’effetto di portare già nei prossimi mesi il valore al di sotto della fatidica soglia. “Non sta a noi dichiarare compiuta la missione individuata dall’accordo di Vienna”, scrive l’Aie, “ma sembra proprio che sia così”. Invariate intanto le stime dell’agenzia sulla domanda petrolifera 2018, vista in crescita di 1,5 mln b/g fino a 99,3 mln b/g. C’è tuttavia un aspetto che l’Aie si riserva di tenere d’occhio nelle prossime settimane: gli sviluppi delle schermaglie commerciali tra Stati Uniti e Cina. Parlando di un “potenziale fattore di rischio”, l’agenzia spiega che adesso “è troppo presto per adattare le previsioni all’eventuale introduzione di misure protezionistiche”, ma fornisce comunque qualche numero meritevole di attenzione. Prendendo le mosse da un report dell’economista del Fmi, Maurice Obstfeld, l’Aie rileva che “in 5 anni, politiche di questo tipo ridurrebbero il Pil Usa dello 0,6% e dell’1,3% nel caso di una rappresaglia di Pechino”, con l’effetto di diminuire “importazioni ed esportazioni del 4-6%”. Una conseguenza tale da limare di 1 punto percentuale il Pil globale “e di 690.000 b/g la domanda di petrolio”, che “soffrirebbe direttamente del minor consumo di bunker dei portacontainer e del diesel usato per il trasporto su gomma”. Anche sul fronte dell’offerta le previsioni 2018 dell’agenzia non hanno subito particolari variazioni, con la produzione non-Opec in crescita di 1,8 mln b/g, guidata dallo shale Usa, e i tagli del patto di Vienna che proseguono a gonfie vele, con una compliance addirittura del 163% a marzo. Toccato infine dall’Aie anche il tema del nuovo future petrolifero cinese. “Il primo passo dovrà essere quello di creare un benchmark che sia affidabile per le transazioni fisiche e l’hedging”, conclude l’agenzia, “e già questo sarebbe un risultato. Dopodiché, una volta raggiunto questo obiettivo, ci vorrà più tempo, probabilmente molti anni, per diventare un marker simile a Brent e Wti”.  









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