La Grande Guerra vista sul grande schermo

Alle Gallerie di Piedicastello una mostra che raccoglie un fiume di immagini Filmati proiettati su 46 schermi e 16 monitor per quasi 12 ore di visione


di Paolo Piffer


TRENTO. Oltre 60 tra spezzoni di film e documentari di propaganda, muti e sonori, molti dei quali inediti, girati in precedenza, durante e dopo la Prima guerra mondiale riguardanti il conflitto e i suoi dintorni, provenienti da archivi nazionali, europei ed extraeuropei. Proiettati su 46 grandi schermi e 16 monitor per complessivi 450 metri quadri di proiezione e quasi 12 ore di visione. Un’operazione da 300 mila euro in occasione del Centenario. Basterebbero questi pochi numeri per incorniciare “La Grande Guerra sul grande schermo”, mostra promossa dalla Fondazione Museo storico del Trentino in collaborazione con la Cineteca del Friuli, la Cineteca nazionale, l’Istituto Luce, il Museo nazionale del cinema di Torino e Rai storia. Il percorso, inaugurato ieri nei 300 metri del tunnel “nero” delle Gallerie di Piedicastello a Trento, rimarrà aperto fino al 14 giugno del prossimo anno (dal martedì alla domenica dalle 9 alle 18, ingresso libero). Basterebbero questi pochi numeri se non ci fosse qualcosa di più e di diverso.

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Liberando, in premessa, il campo da possibili equivoci: non è una rassegna di film su e intorno alla Grande Guerra. Gli indizi che si vada in un’altra direzione si fanno concreti in apertura e chiusura. Prima con l’installazione “Sala di comando” delle trentine Micol Cossali e Valentina Miorandi in cui una piattaforma multimediale e interattiva accompagna il visitatore alla scoperta del rapporto tra guerra e la sua trasposizione cinematografica. Poi con “Il mestiere del cinema” realizzata dalla trentina FilmWork, esperienza di un set cinematografico sotto le bombe da vivere in prima persona (in cuffia). Ma dove la percezione si acuisce è circa metà percorso. Tre schermi appaiati sui quali passano le sequenze di altrettanti grandi film sulla guerra (ma è riduttivo): “Orizzonti di gloria” di Kubrick. “Per il re e per la patria” di Losey, “Uomini contro” di Rosi”. “Ecco il tribunale, e il processo, virtuali, contro chi questa guerra la critica, e non ci sta più”, scandisce Luca Giuliani della Cineteca del Friuli, coordinatore scientifico del percorso curato da Patrizia Marchesoni, Roberta Tait e Luca Caracristi della fondazione. “L’accusa, la difesa, la sentenza, che scorrono attraverso gli spezzoni seguenti di tre capolavori”, sottolinea. La percezione precedente si alimenta di ulteriori elementi. Il materiale proposto si carica di segni, accumulo dopo accumulo va a comporre una visione, costruisce un percorso storico-scientifico simbolico con effetti spaesanti, per niente consolatorio e illustrativo mettendo le mani nella pasta grezza dell’orrore ma pure nell’apparente normalità dei momenti di quiete. Si ha a che fare con l’elaborazione di un tour immaginifico, che è poi la natura stessa di tanto cinema. Dentro i 300 metri di galleria si cammina lungo una continua “installazione” quasi fosse una mostra d’arte contemporanea il cui fine, ormai da statuto, è la comunicazione. E da comunicare, concretamente e concettualmente, ce n’è, fin troppo, vista la densità della visione. Schermi appaiati, fiction e realtà a confronto, per contrasto e analogia, clip montate e rimontate, materiale destrutturato, fotogrammi di propaganda muti, spezzoni di Luca Comerio sulla Guerra bianca in Adamello, il nipote di Garibaldi, Beppe, combattente in Francia nel 1914 e poi in Italia con la divisa regia. Inedite le sequenze degli Americani in nord Italia come i fotogrammi tagliati di Carlo I d’Austria in visita al fronte. Storiche le riprese dell’arrivo a Trieste della salma di Francesco Ferdinando ucciso a Sarajevo. Alle spalle, rispetto alla visione, ampie spiegazioni del tema trattato rintracciabili pure con l’applicazione “le gallerie” sullo smartphone. Si prosegue per parole chiave, dal doppio significato – “a fuoco”, “campo controcampo” – passando per il critico Gillo Dorfles che allo scoppio della guerra aveva 5 anni e ora 104. Via via fino a “La grande illusione” di Renoir e a “La grande guerra” di Monicelli. “Non c’è tutto, si è fatta una selezione”, sottolineano i curatori. Può bastare così.













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