L’esordio dell’Irlanda del Nord

Prima partecipazione alla fase finale della competizione. L’abilità del giovane cittì Michael O’Neill


di Michele Spiezia


È la sua prima volta e promette di lasciare il segno. Nemmeno George Best era riuscito a trascinarla alla fase finale degli Europei (tre sono invece le partecipazioni ai Mondiali), impresa riuscita alla formazione guidata da uno dei commissari tecnici più giovani e promettenti del Continente, il 46enne Michael O’Neill. Che l’ha trasformata in un squadra di valore assoluto, guidicata come la più spumeggiante ed intraprendente nel corso delle fasi eliminatorie degli Europei.

A disposizione pochi giocatori di livello: il capitano Steven Davis che gioca nel Southampton e Jonny Evans che veste la maglia del Manchester United, poi tanti che militano nelle serie inferiori del calcio inglese o scozzese. Volto conosciuto (poco) in Italia è quello di Kyle Lafferty, due stagioni in chiaroscuro nel Palermo, accusato dal suo vulcanico patron Zamparini di correre soltanto dietro le minigonne, di avere due famiglie e sei figli, di preferire una bevuta con gli amici ad una seduta di allenamento. «È ingestibile, è un irlaandese Il modulo base è un 3-5-2 che si trasforma poi spesso in 4-5-1.

Nel settembre 2013, perdendo 3-2 sul campo del piccolo Lussemburgo, l’Irlanda del Nord aveva toccato il punto più basso della sua storia. Poi la rinascita, fino alla storica qualificazione. Separati dalla religione protestante (come invece non avviene nel rugby, dove la nazionale è unica), i nordirlandesi nel pallone hanno sempre un po’ vissuto all’ombra dei cugini cattolici dell’Eire: ora sperano di superarli.

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