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Il "brasiliano" Barbetti, talismano della Bassa Anaunia

Con i suoi otto gol (tutti decisivi) l'attaccante di Mezzana sta trascinando la squadra verso la salvezza



TRENTO. I numeri non mentono mai. E quelli di Claudio Barbetti, sino qualche anno fa enfant prodige del calcio trentino, dicono che il 22enne centravanti solandro è indispensabile alBassa Anaunia. La squadra nonesa ha totalizzato 28 punti sino a questo momento: ebbene 23 di questi sono arrivati nelle dieci partite in cui Barbetti è sceso in campo per tutti i 90 minuti o per una parte di match. Un talismano? No, un bomber, visto che le reti realizzate sono ben 8 (7 su azione e una su calcio di rigore), tutte decisive ai fini dei risultati finali.

La stagione dell’attaccante di Mezzana era iniziata in ritardo: gli impegni lavorativi l’avevano costretto a saltare tutta la preparazione e, dopo l’esordio (con gol) alla quarta giornata è arrivato un serio infortunio che l'ha costretto ai box per un mese e mezzo. Poi il rientro e un altro stop, durante l’inverno con altre due gare saltate. Dieci giorni fa il ritorno il campo con, in rapida successione, la rete decisiva all’Albiano e la doppietta alla Virtus Trento. E dire che, nemmeno un anno fa, Barbetti era in Brasile dove si era trasferito per motivi personali e, in parte, calcistici.

Con Barbetti la Bassa Anaunia vola verso la salvezza?

«Faccio il mio e credo che i risultati positivi siano coincisi anche con i rientri di altri giocatori importanti. Più che altro mi auguro che tutte le “sfighe” siano alle spalle visto che quest’anno, tra impegni di lavoro e infortuni, ho giocato nemmeno la metà delle partite».

L’esperienza in Brasile?

«Due anni fa a Mezzocorona le cose non andavano troppo bene e, dunque, ho deciso di partire per il Brasile e raggiungere mio fratello, che vive lì ed è proprietario di un ristorante. Ho lavorato da lui e, parallelamente, ho anche giocato a calcio. Oscar (uno dei due fratelli maggiori del bomber solandro, ndr) conosceva bene i dirigenti del San Paolo e, dunque, ho avuto la possibilità di allenarmi per un bel periodo con la squadra “Sub20”, ovvero la formazione riserve. L'intenzione era quella di tesserarmi e poi girarmi in prestito alla Jacuipense, che milita nella Terza Serie brasiliana: mi sono trasferito per un mese a Riachao do Jacuipe, ma la situazione non era delle migliori e, allora, ho preferito tornare in Italia».

Pentito della scelta?

«No, assolutamente. Mi sarebbe piaciuto fare il calciatore professionista e trasformare la mia passione più grande in un’attivitià lavorativa, non lo nego, ma adesso ho altre prospettive. Prima di tutto viene il lavoro e poi c’è il pallone. Che è solo un divertimento, da vivere con grande impegno e serietà, ma senza troppe pressioni».

Certo è che a 15 anni sembrava tutto fatto per il suo passaggio all’Udinese.

«Il treno è passato e non l’ho preso. In quel caso, devo dire, non per colpa mia: il Mezzocorona non mi lasciò andare. Peccato, ma adesso non è più tempo di pensarci». (d.l.)













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