L'INTERVISTA GIUSEPPE CHENETTI SCI DI FONDO 

«Basta medaglie, adesso penso ai più giovani» 

Onorificenze del Coni. Tra i premiati, ieri a Sanbàpolis, anche l’allenatore di Moena che ha portato sul tetto del mondo Zorzi, Di Centa, Piller Cottrer, Valbusa, Pittin e Pellegrino


LUCA FRANCHINI


Dalle prime medaglie iridate di Oberstdorf 2005 fino a quella di Federico Pellegrino ai Giochi di PyeongChang 2018, passando per il trionfo olimpico di Torino 2006 e lo storico bronzo a cinque cerchi di Alessandro Pittin. È il curriculum da tecnico di Giuseppe Chenetti, che lo scorso anno ha abbandonato il grande palcoscenico dello sci di fondo internazionale per dedicarsi a un nuovo progetto con la società del suo paese, la Monti Pallidi di Moena.

Chenetti è stato premiato con la Palma di Bronzo durante la cerimonia di consegna delle onorificenze sportive legate all’annata 2018, organizzata dal Coni trentino al teatro Sanbàpolis di Trento, dove hanno sfilato le eccellenze dello sport di casa nostra. Nell’elenco dei premiati ci sono anche i ciclisti Letizia Paternoster (plurimedagliata nella pista) e Matteo Trentin (campione europeo a Glasgow nel 2018), la nuotatrice Arianna Bridi e il runner Yeman Crippa, giusto per citarne alcuni.

Una delle eccellenze dello sport trentino è rappresentata da Chenetti, l’allenatore della generazione di fenomeni dello sci di fondo, dei vari Cristian Zorzi, Giorgio Di Centa, Pietro Piller Cottrer e Fulvio Valbusa. Il tecnico fassano ha poi forgiato il combinatista friulano Alessandro Pittin, portandolo a volare sugli sci stretti e sul podio olimpico, e contribuito alla crescita del nuovo campione del fondo azzurro Federico Pellegrino.

La vittoria più bella da tecnico?

«Gli ori olimpici di Torino 2006, con la staffetta e la 50 km di Di Centa furono l’apoteosi, raggiunta con una squadra di veri campioni».

Un risultato che ha un valore speciale, invece?

«La medaglia di bronzo olimpica di Pittin nella combinata nordica (la prima della storia per l’Italia, ndr) a Vancouver 2010 – racconta Chenetti, che da dieci giorni è tornato a seguire l’atleta friulano, su richiesta dello stesso - Alla vigilia della gara, feci la ricognizione assieme a lui e a un certo punto del percorso tracciai una riga sulla neve: gli dissi “da qui in avanti inizia a scattare”. Scattò proprio lì e... andò come andò».

Una scommessa vinta?

«La medaglia d’argento di Federico Pellegrino nella sprint in tecnica classica alle Olimpiadi. È quella che ha il valore tecnico maggiore. Il classico è sempre stato duro da digerire per noi italiani. Fu un’impresa, frutto del lavoro».

Nella carriera di ogni tecnico non può però mancare una grande delusione.

«Quella dei Mondiali di Fiemme 2003. Puntavamo a conquistare 3-4 medaglie, uscimmo con uno “zero” nel medagliere. Ci riscattammo prontamente a Oberstdorf nel 2005, un’altra annata che ricordo con grande piacere. Da lì in avanti abbiamo sempre vinto».

Il presente di Chenetti di cosa parla?

«Dallo scorso anno sono in pensione – spiega Chenetti, che è preparatore atletico della squadra di sci alpino del Comitato Trentino della Fisi, di cui è pure consulente tecnico – Ho intrapreso un nuovo progetto con la Monti Pallidi, incentrato sui più piccoli. Ci dedichiamo a lavori multidisciplinari e non specifici. Fino ai 14-15 anni non bisogna puntare al risultato, ma a curare la gestione del movimento, le abilità. I ragazzini non si sanno più muovere».

In cosa consiste il progetto?

«In estate abbiamo iniziato con dieci sport diversi, con il focus puntato sui movimenti di base, sull’equilibrio e la coordinazione».

La risposta com’è stata?

«Società e tecnici tendono ad alzare un muro, con la paura di perdere atleti. Io dico, invece, che siamo perdendo numeri e qualità dei praticanti. L’attività multidisciplinare permette anche di evidenziare le peculiarità di un ragazzo. Ogni due mesi facciamo dei test atletici con i ragazzi, con tutti gli aspetti del movimento. Ci permettono di avere una fotografia di ognuno di loro».

In molti, tecnici e genitori in primis, guardano alle coppe in bacheca già dalle categorie giovanili.

«Posso elencare 18 medagliati italiani ai Mondiali Juniores di fondo che non hanno vinto nulla tra i Senior. Bisogna imparare ad avere pazienza. I risultati che contano arrivano dopo i 20 anni. Fino ai 14, i ragazzi possono fare le stesse attività, sviluppando rapidità, resistenza. Doti che non guastano a nessuno sportivo».

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