TURISM E COVID

Natale, ecco il prezzo del lockdown: oltre 30 mila lavoratori a casa 

LDagli alberghi alle lezioni di sci, l’industria delle vacanze invernali è la più «ricca» dell’anno: 1 miliardo a stagione Non solo ricettività e funivie, anche migliaia di lavoratori del commercio sono collegati al settore: «I ristori non potranno coprire i danni»


Andrea Selva


TRENTO. Funivie e albergatori, certo. Ma il lockdown di Natale sta tenendo con il fiato sospeso oltre 30 mila lavoratori, tanti ne conta il settore del turismo invernale trentino che vale un miliardo a stagione. Tutto questo mentre - come una beffa - la neve ieri ha imbiancato tutte le località turistiche invernali.

I lavoratori

Ecco i numeri: secondo i dati forniti dal servizio statistica provinciale il comparto alberghiero e la ristorazione danno lavoro a circa 23 mila lavoratori, in maggioranza donne, per lo più giovani (uno su tre ha meno di trent’anni), con un contratto da dipendenti anche se in buona parte a tempo determinato, con andamento stagionale. Sono proprio questi ultimi - gli stagionali - a vivere con la maggior ansia queste ore, perché sono quelli che hanno minori garanzie di lavoro o di ristoro. «Ma non parliamo certo di “fantasmi” - spiega il presidente degli albergatori, Gianni Battaiola - ma di persone che in molti casi si avvicendano da anni all’interno delle nostre strutture e hanno una famiglia da mantenere e il mutuo da pagare». E poi ci sono i maestri di sci (oltre 3 mila contando anche le guide alpine e gli accompagnatori di territorio), i dipendenti degli impianti a fune (circa 2 mila di cui circa la metà stagionali), dei noleggi di sci e attrezzature sportive (circa 800 persone) e i dipendenti del commercio (circa 5 mila) che lavorano per attività che aprono solo durante la stagione invernale, per non dire del personale impiegato nei rifugi. In tutto oltre 30 mila persone. «Nel complicato capitolo dei ristori - auspica Battaiola - ci dovrà essere un capitolo riservato anche a queste persone».

Il calcolo dei danni

L’associazione degli albergatori, nelle settimane scorse, ha calcolato il danno per il turismo trentino in base a vari scenari. Il primo coincide con la prospettiva che si va delineando in queste ore, cioè il lockdown di Natale, secondo i termini che il governo chiarirà nei dettagli probabilmente questa sera. La chiusura di Natale e Capodanno - secondo la simulazione degli albergatori - avrebbe un costo di 200 milioni di euro, di cui circa 80 milioni relativi al solo settore ricettivo e il resto distribuito su tutte le spese che i turisti sostengono durante le vacanze di Natale per lo sci, per la ristorazione e per gli acquisti durante il soggiorno nelle località di montagna. «Quello di Natale è un turismo particolare - ha detto Andrea Weiss, direttore dell’Apt della valle di Fassa - perché registra la più alta propensione alla spesa tra gli altri periodi di vacanza dell’anno. Si tratta insomma del periodo di vacanza che consente maggiori marginalità agli operatori». E proprio la valle di Fassa (che da sola rappresenta un quarto delle presenze invernali in Trentino) è tra le località che rischiano di pagare il prezzo più alto per queste vacanze di Natale “congelate”, assieme alle altre principali destinazioni invernali del Trentino che sono, nell’ordine: val di Sole (20 per cento delle presenze), Campiglio-Rendena (11 per cento) e Paganella (9 per cento).

I ristori

Secondo Battaiola (albergatori) un danno così elevato non potrà essere ristorato: «Nessuno vuole che vengano pagati 200 milioni di euro per le mancate vacanze di Natale in Trentino, ma dobbiamo cominciare a ragionare su parametri diversi rispetto a quelli della prima ondata, che si sono rivelati assolutamente insufficienti. Il metodo corretto sarà quello di calcolare i ricavi degli scorsi Natali e su questi quantificare una percentuale per le imprese, tenendo conto anche dei ristori per i lavoratori». Tra i timori degli albergatori c’è anche la difficoltà di ripresa di aziende che hanno dimostrato una tendenza alla diminuzione del fatturato e all’aumento dell’indebitamento.

Le funivie

Ieri sul tema del lockdown di Natale è intervenuta anche Valeria Ghezzi, presidente di Anef, l’associazione di categoria delle società di impianti a fune italiane, per mettere in evidenza il ruolo dello sci nell’economia delle comunità di montagna e la necessità di avere date certe di riferimento in vista di una possibile apertura dopo le vacanze natalizie: «Le decisioni spettano ai politici - ha detto - e noi non chiediamo di aprire domani mattina con 600 morti al giorno, come tanti dicono in questi giorni. Ma la nostra attività non si apre girando una chiave e necessita di programmazione: se ci dicono di aprire il 15 gennaio, dobbiamo saperlo almeno un mese prima per avviare la parte tecnica. Abbiamo capito che non si apre a Natale, ma abbiamo bisogno di una data certa per aprire a gennaio o di una certezza sulla non apertura, per evitare di affrontare a vuoto ulteriori spese».









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