Ahricoltura

I meleti e le altre piante trentine: nuove preoccupazioni per gli scopazzi

Interessanti spunti dalla giornata frutticola delle valli del Noce



CLES. Giornata frutticola delle valli del Noce oggi (25 febbraio) a Cles. Un incontro che a causa del Covid si è svolto anche quest’anno in diretta streaming sul canale youtube della Fondazione Mach ed ha visto collegati oltre 150 frutticoltori e tecnici interessati a conoscere le ultime novità sui temi della moria dei meli della fertilità del terreno, degli scopazzi che dopo alcuni anni di dormienza ricominciano a dare preoccupazioni ai frutticoltori, alle prove sperimentali sui trattamenti fitosanitari sopra chioma.

In apertura dei lavori il direttore generale di Fondazione Mach, Mario Del Grosso Destreri, dopo aver ricordato la ricorrenza dei 25 anni della giornata «che simboleggiano un impegno costante e tenace da parte dei colleghi che si occupano di sperimentazione e di consulenza tecnica sul territorio», ha sottolineato la grande attualità dei temi all’ordine del giorno, con particolare attenzione a quello della moria dei meli che dopo vent’anni di ricerca «non si è ancora in grado di dare risposte complete e certe per combatterla».

L’appuntamento tecnico organizzato dal Centro di Trasferimento Tecnologico (Ctt), e moderata da Tommaso Pantezzi, responsabile dell’Unità Frutticoltura, è iniziato con la presentazione delle indagini e delle prove sperimentali tese a studiare il fenomeno della moria del melo che è ricomparsa in maniera grave colpendo un elevato numero di frutteti in tutte le zone del Trentino Val di Non compresa.

«Molte delle piante colpite», ha affermato Stefano Corradini del Ctt, «dopo apparente miglioramento dovuto alle condizioni climatiche del mese di maggio, sono definitivamente deperite nel periodo estivo ed autunnale. Il risultato è stato quello che a fine stagione si sono contati centinaia di casi con percentuali elevate di piante in forte deperimento o completamente collassate. Questo fenomeno, presente anche in altre aree frutticole del Nord Italia e all’estero, compare in maniera imprevedibile ed imprevista ormai da diversi anni.  Le prime osservazioni risalgono ad oltre 20 anni orsono, e in questo periodo sono state attivate numerose indagini di campo e prove sperimentali per trovare possibili soluzioni tecniche. Purtroppo ad oggi non è stata trovata una chiara soluzione al fenomeno della moria, ma si è solo raggiunto un quadro più completo della problematica mettendo in luce i fattori che possono mitigarla o aggravarla».

La carenza di fertilità dei suoli e il ruolo degli emendanti è stata messa a fuoco da Andrea Cristoforetti del Cct, che ha sottolineato come il re degli ammendanti sia il letame maturo, pur in presenza di alternative che non sono certo all’altezza del letame.

«Quella degli scopazzi del melo (Apple proliferation) è ormai considerata una malattia endemica, e ricompare con diverse gravità da una zona all’altra». Ad affermarlo Deborah Gabardi del Ctt. Ad esempio, dal monitoraggio condotto a livello provinciale da diversi anni risulta che in alcuni areali si riscontra un aumento preoccupante di piante sintomatiche. Questo fenomeno si registra particolarmente in Alta Valle di Non dove la percentuale di piante infette mediamente è superiore al 2%, contro una media provinciale dello 0,67% e quella della bassa Val di Non che va dal 0,4 al 0,5%.

In questo caso l’analisi ed il confronto dell’evoluzione degli scopazzi e dei vettori presenti nelle diverse realtà hanno permesso di evidenziare quali sono le azioni che meglio di altre riescono a contenere la problematica, sottolineando come anche nelle aree critiche il puntuale estirpo delle piante infette permette una riduzione dell’inoculo e un rallentamento dell’incremento della malattia. Anche l’effettuazione puntuale dei trattamenti contro l’insetto vettore, la C. melanoneura, particolarmente la prima generazione, è un fattore importante nel controllo degli scopazzi.

Prospettive interessanti si stanno aprendo per i sistemi di applicazione dei prodotti fitosanitari mediante impianti di erogazione sopra chioma. Le possibilità e i vantaggi offerti sono molti, particolarmente per la tempestività dei trattamenti, per la distribuzione localizzata, per la possibilità di trattare in pochi minuti e nelle condizioni ideali particolarmente nelle zone ripide e scivolose con maggiore sicurezza per l’operatore. Ne ha parlato Daniele Bondesan del Ctt. C.B.













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