Allevatori, torna il sorriso «In asta prezzi più alti»

Ieri l’ultima vendita della stagione: prezzo di 1900 euro per una manza gravida. Tonina: «Momento favorevole, premiata la nostra maggiore trasparenza»


di Carlo Bridi


TRENTO. Trenta nuove manze della razza Rendena sono in partenza dalla Federazione Allevatori del Trentino per la Bosnia Erzegovina e precisamente per Sebrenica, all’interno del progetto di solidarietà internazionale sostenuto dall’assessore alla cooperazione internazionale, Lia Giovanazzi Beltrami. Si vanno ad aggiungere agli altri 70 capi inviati in passato e che si sono dimostrati molto produttivi anche in quelle terre. Gianni Rigoni Stern, responsabile del progetto ieri a Trento in occasione dell’asta della Federazione è molto soddisfatto: «I capi andranno in quarantena per 21 giorni appena oltre il confine in una stalla, e poi fra Natale e l’Epifania saranno consegnati a vedove per la sussistenza e a giovani per avviare un'attività zootecnica di sviluppo. Dai capi inviati in passato sono già nati 45 vitelli usati per la sopravvivenza da parte delle donne e per ampliare le mandrie da parte dei giovani».

Ieri era l’ultima delle sette aste della stagione, occasione per tracciare un primo bilancio. Lo facciamo con Mario Tonina dirigente responsabile della Federazione allevatori per il comparto commerciale. «Le aste si sono chiuse con un netto segno più, il prezzo medio è intorno ai 1900 euro per manza gravida, con un aumento medio di 100 euro a capo in rapporto allo scorso anno. Il numero di capi venduti è stato lievemente inferiore ai 584 capi venduti nel 2011, ma in compenso la percentuale di vendita dei soggetti presentati che l’anno scorso è stata del 95% quest’anno è stata superiore. I migliori prezzi si sono spuntati nell’asta di febbraio con una media di oltre i 2000 euro a capo per manza gravida di razza Bruna Alpina».

«Questa lievitazione dei prezzi è dovuta sia alla tenuta del prezzo del latte trasformato in Trentingrana, ma anche di quello utilizzato come latte alimentare, dopo il calo del primo semestre di quest’anno», aggiunge Carlo Graziadei presidente della Latte Trento «e questo nonostante il fatto che siamo di fronte ad un netto aumento dei fattori produttivi: mangimi e gasolio in particolare».

Un mercato migliore si sta riscontrando per la carne bovina. Dice ancora Tonina: «Il momento è senz’altro favorevole se lo confrontiamo con la crisi generale, rispetto a qualche anno fa c’è qualche margine maggiore per gli allevatori, e questo perché siamo di fronte a una riduzione di importazioni in Italia da parte di Francia e Irlanda perché questi paesi trovano più conveniente l’esportazione nei paesi del Magreb, mentre la Germania ha imboccato la strada della Turchia come principale acquirente dei capi da riproduzione». Questa, è una delle cause, ma non la sola, di una maggiore richiesta di carne italiana. Altro motivo di questo aumento è l’accresciuta sensibilità del consumatore all’aspetto certificazione della provenienza del prodotto. «Come Federazione allevatori siamo avvantaggiati in quanto siamo partiti già dall’anno 2000 col progetto trasparenza e certificazione. Purtroppo i maggiori prezzi vengono in larga parte assorbiti dall’aumento dei prezzi dei fattori produttivi: mangimi, carburanti, ristalli che normalmente vengono dalla Francia oltre che dai paesi dell’Est Europa. L’unico aspetto positivo su questo fronte è il fatto che anche i vitelli italiani sono aumentati nettamente di prezzo, oggi un vitello di 3-4 mesi viene pagato all’allevatore fra i 500 e i 600 euro», conclude Tonina.













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