Memorie di fuochi e di mani Tutta l’arte di Marco Morelli

Domani nell’aula S.Giovanni in Duomo l’inaugurazione dell’antologica


di Maria Viveros


di Maria Viveros

«Il dolore e la meraviglia, quella che scaturisce davanti alla Bellezza, sono due forze che mettono in moto cammini di ricerca verso il capire. Ciò porta a incontri, che a loro volta stimolano dialoghi con il mondo, con il tempo. Le proposte e i suggerimenti che ne derivano si traducono in immagini, forme che nascono dalla materia». Così lo scultore Marco Morelli spiega il tema alla base della sua mostra, “Memorie di fuochi e di mani”, che verrà inaugurata, con la presentazione di don Lodovico Maule e di don Marcello Farina, domani alle ore 17.30 nell'Aula San Giovanni del Duomo di Trento e che sarà visitabile fino al prossimo 29 ottobre. Si tratta di un'antologica che presenta l'attività di circa quarant'anni dell'artista trentino, di Canezza di Pergine, con sculture in bronzo, marmo, legno e terrecotte che rivelano il suo ricco mondo iconografico, consentendo di attraversarne il percorso artistico e mentale.

«La mia scultura - dice - nasce in simbiosi col pensiero della filosofia, della poesia e della fede. Sto ore a martellare e mentre faccio questo lavoro, mai ripetitivo, ricerco immagini positive, pur nell'acuta consapevolezza degli aspetti dolorosi della storia umana». Ad aprire l'esposizione è infatti una serie di Pietà, tema che ha coltivato a lungo come domanda sul perché del dolore, partendo dallo studio, nel 1975, di quelle di Michelangelo, giungendo poi a una declinazione laica con delle Pietà “moderne”, ovvero delle madri, simbolo dell'umanità, che stringono a sé il figlio morto. I soggetti delle sezioni successive diventano via via sempre più rasserenanti: figure che stanno meditando, angeli, volti femminili dalle espressioni imperturbabili, scene di riconciliazioni e di incontri, come quello evangelico di Marta e Maria, suggerendo che il pensiero si dischiude gradualmente alla speranza. «Fra i miei lavori, quelli che possono rappresentare la chiave di lettura della mostra - spiega Morelli - sono la serie di formelle in terracotta, con una sequenza di scene tratte dal vangelo di Giovanni, che ho realizzato nell'ipotesi di una fusione in bronzo per qualche richiesta effettiva e il Cantiere della Bellezza, raffigurazione della costruzione di una cattedrale, come simbolo del lavoro comunitario che vuole darsi alla Bellezza assoluta».

La tensione dinamica delle figure, concentrata tutta nelle nodose mani, testimonia la sincerità della ricerca di Morelli, sempre sostenuta anche dal rispetto della natura della materia che lavora poiché, dice, «è questa che definisce la luce. Ogni opera - continua - è storia, tecnica e lunga rielaborazione mentale. Scolpire per me è riflettere sulla vita, alla ricerca di significati che vanno oltre le immagini immediate». Il pensiero si fa, dunque, materia e, con essa, immagine attraverso la forza comunicativa del dato reale, trasfigurato in simbolo.

La domanda, l'interrogarsi alla ricerca della verità, diventa il motore del mondo interiore di Morelli. Per lui, sacerdote che ha insegnato per anni Filosofia e Storia al liceo “Rosmini” di Rovereto e che si è sempre dedicato alla poesia, «la filosofia è la consapevolezza delle contraddizioni, mentre la poesia è il modo di pensare in profondità usando la parola nella sua massima forza comunicativa. La scultura, che parla attraverso forma e materia, condensa in sé tutto ciò”. Assetati, individui intenti a discutere, che si interrogano o riflettono, esprimono il bisogno dell'umanità di cercare risposte, così come il Nicodemo dei Vangeli, il personaggio preferito da Morelli poiché “ci rappresenta in quanto racchiude in sé religione e filosofia».













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