DAL TRENTINO FIN NELLO YUKON / 3

Una palestra per le sfide personali

I grandi spazi e il clima estremo rendono lo Yukon allettante per le imprese sportive organizzate da europei, ma i locali se ne tengono saggiamente alla larga
LA PAGINA DEL DIARIO


Paola Rosà


“Siete italiani, vero?”. Nella corsia dei cereali a peso, dove stavamo facendo la scorta per i successivi tre mesi, la domanda di una cliente dell'ipermercato ci aveva sorpresi non poco. “Se lo siete, dovete andare assolutamente a trovare quel poveretto in ospedale: lo hanno recuperato mezzo congelato, gli farà piacere incontrare dei connazionali”.

La vicenda del runner sardo disperso per 17 ore durante la maratona in pieno inverno aveva monopolizzato i media di Whitehorse per diversi giorni dopo l'incidente, e la radio aveva diffuso giorno dopo giorno i bollettini dei medici che tentavano di salvargli mani e piedi. Prima che l'atleta rientrasse in Italia per l'amputazione.

È fatto di compassione e curiosità, un misto di incredula meraviglia e distaccata incredulità, lo sguardo dei canadesi dello Yukon su chi arriva fin qui per mettersi alla prova. Qui le intemperie preferiscono evitarle. Il freddo, le distanze, i grandi vuoti, sono elementi con cui convivere, compagni da temere con umiltà. E da evitare se possibile.

Ma lo scenario è troppo allettante per gli impresari, spesso stranieri, delle “imprese”. Alla gara estrema di febbraio, organizzata da un tedesco, è seguita la sfida con i cani da slitta che ha preceduto di poco il raduno delle motoslitte. Sempre con una maggioranza di partecipanti proveniente dall'Europa.

“Le sfide, chi vive qui non ha certo bisogno di organizzarle”, dicono a Keno City. Per andare dal medico devi guidare 500 chilometri sul ghiaccio e il postino che tre volte la settimana sale i 60 chilometri da Mayo rischia di finire nella scarpata ad ogni sbalzo di temperatura, quando delle vere e proprie onde di ghiaccio invadono la carreggiata. E non c'è campo per i cellulari.

La giacca giusta, l'accendino e la legna in macchina, la batteria di riserva, la tanica di benzina: l'organizzazione ti porta a circondarti di oggetti e attrezzi e mezzi meccanici che fanno sembrare l'essere umano una presenza inadeguata all'ambiente. “Che ci faccio qui? – ci ha detto un cacciatore di pellicce che prima all'Est si occupava di agricoltura – Qui c'è poca gente. Per questo mi piace”.













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