Viaggio nella «tana»: il Bruno cade a pezzi

La nuova sede di Piedicastello è un edificio disastrato e a rischio


di Luca Pianesi


TRENTO. Bagni sfondati, pavimenti divelti, mura completamente ammuffite e poi bidoni gonfi di liquidi nocivi, impianti della luce distrutti e da rifare a nuovo, detriti sparsi in tutte le stanze e mura sfondate a colpi di piccozza. Si presenta così l’edificio di via Brescia dove verrà trasferito il Centro sociale Bruno. Una struttura che se dall’esterno sembra solida e funzionale, all’interno è uno spettacolo indecoroso. D’altronde un anno di abbandono (prima vi vivevano delle famiglie e c’erano degli appartamenti), lo ha trasformato nel “covo” di sbandati, senza tetto, barboni e tossici, che nel tempo lo hanno distrutto, rovinato e riempito di sporcizia. Da poche settimane la Patrimonio del Trentino ha deciso di darlo in uso ai ragazzi del centro sociale, che vi ci dovranno trasferire la loro sede. Ma rendere minimamente vivibile, e sicuro, quel posto costerà tempo, fatica e risorse (si parla di migliaia e migliaia di euro).

Il viaggio nello stabile

Il palazzo di via Brescia ha due ingressi, uno al civico 31 e uno al 33, ma aprendo la porta d’accesso di entrambi gli stabili lo spettacolo è pressoché identico: un giroscale, che sale in altezza per due piani e scende verso il basso per uno, immediatamente bloccato da oggetti e detriti lasciati lì da anni. Appoggiato alla balaustra del primo si trova ancora un vecchio motorino Califfone, abbandonato e ormai inutilizzabile, e in fondo alla rampa di scale fili della luce staccati, mattoni, scarpe, abiti sporchi e un “triste” orsetto di peluche. «Quando siamo entrati la prima volta qua dentro - spiega Riccardo, uno dei ragazzi del Bruno che ci accompagna dentro quella che sarà la loro “nuova casa” - quel pupazzetto era impiccato ad uno dei parapetti del giroscale. E su ogni gradino c’erano sacchi, detriti, cavi di rame della luce e tubature. Abbiamo ripulito tutto, almeno per garantirci l’accesso, ma lo spettacolo ai piani è stato ancora peggiore».

Gli appartamenti

E infatti, salendo al primo livello, salta all’occhio una porta blindata abbattuta. «Le persone che hanno occupato l’edificio in questo anno di abbandono - prosegue Riccardo - sono riuscite a entrare in tutti gli appartamenti o sfondando i portoni oppure scavando nelle murature fino a “sganciarli” dalle pareti». E i “segni” di questo “paziente” lavoro di scavo sono in tutte le pareti, rovinate e in più punti sfondate e che dovranno, quindi, essere in gran parte ripristinate. Entrando, poi, in quelli che erano gli alloggi dei vecchi inquilini dello stabile, si trovano bagni sfondati, lavandini sbattuti sul pavimento, che in molte stanze è rovinato, camere con pareti piene di muffa e con soffitti che si stanno scrostando. «Le finestre di diverse stanze sono rimaste chiuse per molto tempo - racconta il nostro “Cicerone” - e quindi l’umidità le ha aggredite rovinando muri e intonaco. In questi giorni stiamo iniziando a intervenire per ripulirle, ma ci vorranno sostanze apposite e tanto lavoro. Per i bagni, invece, non so come faremo. Alcuni devono essere rimessi a nuovo, sono stati distrutti quasi completamente, e in uno ci stiamo rifiutando di entrarci perché è ancora intasato e inaccessibile». Sopra al terzo piano si trova una soffitta che rimanda un calore impressionante. Questi palazzi erano stati ideati per gli operai e i lavoratori dell’ex Italcementi e quindi erano stati costruiti senza troppi accorgimenti. Evidentemente il sottotetto non è isolato e il calore del sole filtra attraverso le tegole. «E il problema più grave è quello della luce -prosegue Riccardo - perché tutti i fili sono stati rotti, non c’è messa a terra in quasi nessun appartamento e quindi è tutto da rifare. Un lavoro che varrà a costare qualche decina di migliaia di euro e che dovremo fare noi».

Scantinato e giardino

Scendendo al piano sotto terra, si trova il vecchio scantinato. Il luogo forse messo peggio di tutta la casa. In alcune stanze manca il pavimento, le mattonelle sono state portate via e si cammina su assi di legno a vista. In altre ci sono tonnellate di detriti e sporcizia, riviste degli anni ’80 e libri di ogni genere (ne abbiamo rinvenuto uno con svastica nera in campo rosso e bianco intitolato “I pensieri di Hitler”). E in una camera la scoperta più sconcertante: due barili sigillati, gonfi di gas e pieni, presumibilmente, di liquidi, con attaccata sull’esterno la scritta “materiale pericoloso”. Fuori dall’edificio si trova un giardino/orto che appartiene allo stabile. Ma Riccado spiega: «Abbiamo mandato a fare delle analisi del terreno, perché confina esattamente con il primo capannone dell’Italcementi e non ci fidiamo a coltivare nulla, anche perché mescolati nel terreno ci sono ferraglia, lattine, abbiamo trovato copertoni, siringhe e anche questa tanica che non ci azzardiamo a toccare». E a ragione, visto che sul fusto blu c’è l’inequivocabile simbolo del materiale acido e corrosivo.

L’affitto e il progetto

«Praticamente tutti i lavori di ristrutturazione saranno a nostro carico - dice Riccardo - perché Patrimonio del Trentino ci ha garantito solo che a settembre farà il collaudo di staticità dell’edificio e ci aprirà un muro nello scantinato dove noi vorremmo creare l’area concerti e teatro, ovviamente dopo aver realizzato un impianto di isolamento. E comunque vogliamo tranquillizzare i nostri nuovi vicini che ridurremo la nostra attività di spettacoli musicali. Solo il sabato suoneremo fino alle 23.30. Al primo piano vorremmo costruire l’area cinema, multimediale e studio e al secondo la palestra yoga e la sala zen. Ci paghermo tutte le bollette e mensilmente ripagheremo Patrimonio del trentino dei suoi interventi e dei suoi controlli. Non siamo qui per rubare niente a nessuno, ma solo per arricchire la comunità con le nostre attività e la nostra passione». E visto com’è ridotto lo stabile e da chi era utilizzato prima, se questi ragazzi riusciranno a ridargli una dignità probabilmente, alla fine, bisognerà dirgli «grazie».

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