Via del Brennero Da campi e industrie a negozi e uffici

La funzione dell’arteria è mutata con lo sviluppo urbanistico Era lo «stradone» verso Nord, ma il futuro è più «cittadino»


di Mauro Lando


TRENTO. Per comodità e brevità tutti la chiamano via Brennero, in realtà il nome esatto è via del Brennero con riferimento ovviamente al valico di confine. Questa denominazione l’anno prossimo compirà 90 anni: fu infatti nel 1926 che l’amministrazione comunale, in epoca fascista, decise di assegnare a quello “stradone” l’attuale denominazione in riferimento alla frontiera tra Italia e Austria. La scelta era in linea con lo spirito di conquista territoriale a seguito della prima guerra mondiale e con l’aspirazione fascista di italianizzare i territori conquistati. Novanta anni dopo questo afflato nazionalistico è evaporato tanto che il riferimento al Brennero è percepito come un’ indicazione semplicemente geografica.

In origine l’uso popolare aveva dato altre denominazioni a quel percorso quali “stradone di Gardolo” oppure “stradone di Germania”: fu però nella seduta del 28 giugno 1913 che il Consiglio comunale decise di dare un nome ufficiale alla strada e scelse la denominazione di via Alto Adige.

Il riferimento a Gardolo fu scartato perché una via così importante non poteva portare il nome di quello che allora era un piccolo Comune confinante. A sua volta fu tolto il riferimento alla Germania perché, si legge nella delibera comunale, “oggi (1913) tra noi e la Germania stanno tutta una regione mistilingue che si convenne chiamare dell’Alto Adige, e quella puramente tedesca che fa pur parte dell’Austria”. Quindi nel 1913 venne meno il riferimento alla Germania con la scelta di via Alto Adige sia perché non c’era contatto diretto di Trento e del Trentino con la Germania in generale, sia perchè si volle esprimere un’attenzione, anche politica, verso la “regione mistilingue”.

Ben diverso si rivelò il clima politico del 1926: il fascismo aveva in odio la caratteristica mistilingue dell’Alto Adige ed in più voleva sottolineare la conquista italiana del Brennero. Ed ecco che quel confine entrò nella toponomastica assegnato ad una delle strade più importanti. Nel secondo dopoguerra è tornata via Alto Adige, ma spostata molto a nord oltre via Bolzano: inizia dal bivio per Meano e termina al ponte di Lavis.

Va ricordato per inciso che a Trento gli “stradoni” sono stati tre e la forma accrescitiva della parola non era a caso. Uno era via del Brennero, un altro era via Venezia (”stradone di Pergine”), il terzo era viale Verona (“stradone di Mattarello”). I primi due sono stati costruiti tra il 1845 – 1850, mentre il terzo nel medesimo periodo è stato allargato e potenziato. Meno definita come “stradone” è stata la strada del Bus de Vela anch’essa tracciata in quel periodo.

Lungo i suoi 2 chilometri e 600 metri, da largo Nazario Sauro a via Bolzano nella zona di Canova, via del Brennero ha sì mantenuto da 90 anni il suo nome, ma in tale periodo ha cambiato più volte la sua funzione. Certo è ancora una strada di collegamento con il nord, ma depotenziata dall’autostrada e dalla tangenziale. Non è più una strada agricola visto che in origine attraversava il “Campo Trentino” e che ora di campi coltivati non c’è più traccia. È rimasto però un segno della funzione agricola: si tratta di maso Postal chiuso da decenni ma ben individuabile per la trifora sulla facciata annerita dal fumo delle auto e delle fabbriche.

Non è più una strada industriale sia perché della Prada Carbochimica c’è traccia solo nel sottosuolo inquinato, sia perché al posto delle Officine Elettrochimiche Trentino (note come “Ferriera”) ora è sorto il Magnete. Non c’è più il commercio delle automobili visto che per decenni ha ospitato la maggior parte delle storiche concessionarie cittadine (Mayer, Rangoni, Rodenghi, Lurani, Franceschi, Nocchi), le quali o hanno chiuso o si sono trasferite.

Al di là di come verranno utilizzati lo scalo Filzi e le aree industriali inquinate, la funzione fondamentale di via Brennero di fine Novecento e inizio Duemila è diventata quella commerciale e direzionale. Tutto, in questa prospettiva, è iniziato con le tre torri della Provincia (1983) e con l’apertura del Bren Center (1984). Il palazzo degli artigiani (1988) è un altro importante esempio della funzione direzionale.

Una strada per negozi e uffici quindi, ma una strada che, salvo nella sua parte dentro la città, resta ancora senza pedoni. In compenso la pista ciclabile che scende da Gardolo fa intravvedere la possibilità che quello “stradone” possa, almeno a tratti, diventare un percorso con caratteristiche più cittadine. Succederà realmente? È possibile perché ci sono ancora importanti aree da riedificare e perché per via del Brennero cambiare è sempre stata una regola.

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