Via al censimento, caccia ai soldi

Comuni e minoranze linguistiche interessati alla crescita della popolazione


Robert Tosin


TRENTO. Da oggi ci si conta. Il quindicesimo censimento nazionale arriva infatti nella sua fase più concreta, quella che vede i capifamiglia mettere le crocette sulle caselle più opportune per permettere poi agli esperti dell’Istat di scattare una foto della popolazione italiana e di alcuni aspetti sociali. Ma l’operazione ha risvolti anche diversi e particolarmente interessanti.

Ci sono infatti soggetti che aspettano con ansia questo momento ufficiale che potrebbe poi contribuire allo spostamento di equilibri politici ed economici. Un caso è quello dei Comuni. In Trentino non si è arrivati agli estremi registrati in altre parti d’Italia dove alcuni sindaci hanno cominciato una sorta di caccia al cittadino da importare pur di scongiurare la fusione del Comune con i vicini più grossi.

Ma una certa competizione sotterranea c’è. Perché alla popolazione sono legati i trasferimenti della Provincia e quindi la possibilità di dotare il paesello di più servizi e diventare quindi ulteriormente attrattivo. Più popolazione significa anche più tasse nella borsa prosciugata dei sindaci.

In alcuni casi, superare una soglia numerica significa anche più potere politico, più rappresentanza negli enti superiori (senza contare i casi in cui si possono eleggere più consiglieri e aumenta la paga del sindaco). Ma si parla anche di un potere d’attrazione: migliori servizi significa spostare gli equilibri di un ambito e cambiarne il baricentro. «Sì - conferma il presidente dei Comuni, Marino Simoni - tra i parametri del trasferimento di denari c’è anche la popolazione e quindi al censimento si guarda anche in quest’ottica, ma teniamo conto che questi sono soldi che poi vanno spese per i servizi che sono aumentati di conseguenza. E le assicuro che il cambio non è mai alla pari. L’aumento di popolazione significa per un Comune anche un aumento del Pil e quindi anche maggiori introiti e uno sviluppo della residenzialità. Di sicuro però non esiste una battaglia tra sindaci per “rubarsi” i cittadini».

L’altro “gruppo” che guarda con interesse i dati del censimento è quello delle minoranze linguistiche. Mocheni, cimbri e ladini si spartiscono qualche milione di euro all’anno proveniente da Europa, Regione, Provincia e Stato. Per ora nel confronto stravincono i ladini fassani, ma anche mocheni e cimbri hanno tutto l’interesse a consolidare i loro numeri. E proprio la gelosia anche economica è la base, secondo la consigliere del Patt Caterina Dominici, della negazione della ladinità nonesa.

«Abbiamo fato studi e approfondimenti storici e linguistici - dice l’ex preside - che ci confermano l’origine ladina dei nonesi. Siamo quasi in 8 mila e abbiamo fatto tantissimi incontri per spiegare alla gente che sul censimento si devono dichiarare ladini a tutti gli effetti. Il nostro obiettivo è di arrivare tra il 28 e il 30% di dichiarazioni. Già ora siamo più dei ladini di Fassa, ma il nostro riconoscimento è sempre stato bloccato dalla Provincia.

Gli aiuti? Be’, sappiamo che le minoranze hanno diritto a sostegni per l’informazione, l’editoria e varie attività purché rappresentino il 15% della popolazione di una determinata zona. Noi questa soglia l’abbiamo superata ma non ci vogliono riconoscere per la nostra peculiarità sancita da documenti storici».













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