Valsugana, pace fatta tra gli allevatori

Gli imprenditori della Bassa (73 aziende, 1.996 capi) aprono la fiera bovina ai colleghi dell’Alta (52 aziende, 1.550 capi)


di Marika Caumo


BORGO. Fiera di San Matteo: apertura con riserva agli allevatori dell'Alta Valsugana. La decisione è stata presa ieri nel corso dell'annuale assemblea dell'Unione Allevatori Bassa Valsugana e Tesino - una quarantina quelli presenti- dopo che il presidente Antonio Cenci aveva letto la lettera in cui i colleghi dell'alta valle chiedevano di poter partecipare con i loro capi alla mostra bovina. Loro, infatti, non hanno una rassegna dedicata e i loro numeri sono inferiori: 65 aziende a 1.500 vacche da latte in Alta Valsugana contro le 72 aziende e 1.996 vacche della Bassa.

La richiesta era pervenuta anche lo scorso anno, e rispedita al mittente: il motivo va ricercato negli anni precedenti quando qualche allevatore dell'Alta Valsugana partecipò alla fiera non comportandosi in modo corretto e portando via numerose "brondine", i caratteristici campanacci, il premio più ambito che va alle mucche più belle. «Ci sono aziende, anche in Bassa Valsugana che si portano via cinque-sei premi ogni volta, e altri che rimangono senza si sono risentiti. E' forse il caso di pensare a cambiare il sistema di premiazione, fare come in altre valli dove ogni allevatore può ricevere al massimo solo una brondina. L'obiettivo è incentivare le aziende, specialmente i giovani, a partecipare», ha spiegato Cenci, con il neo direttore generale della Federazione Claudio Valorz, che ha sottolineato la distinzione tra aspetto tecnico e premiazioni: «I giudici devono valutare la mucca indipendentemente dai proprietari, sull'altro lato anche in Val di Sole, Fiemme e Fassa la regola è un campanaccio per azienda, anche se questa ha più mucche ai primi posti. Un sistema discutibile ma che accontenta tutti». Dalla sala la richiesta che partecipino alla mostra solo le mucche alpeggiate ed alcune perplessità sulla risposta da dare all'Unione Alta Valsugana, tanto che si è proposta la messa ai voti della questione con l'assessore Michele Dallapiccola che ha tagliato la testa al toro. «Facciamo un altro tentativo: prendeteli giù, trovo io un po' di soldi per i premi, magari anche tramite i loro Comuni. Magari prima ci troviamo a discuterne, ma lasciate le porte aperte, la mostra deve essere un piacere», ha spiegato.

Altra questione quella del letame, sollevato da un socio che rilevava come proprio ieri mattina a Ospedaletto i vigili stavano controllando i cumuli di letame. Il problema è che alcuni Comuni hanno regolamenti più restrittivi, ad esempio con l'obbligo di mettere dei nylon sotto i cumuli o il divieto di spargerlo. «Ma questo va a scapito dei Comuni vicini, alla fine ci si ritrova che tutti portano lì il loro letame e non è giusto. Ognuno dovrebbe farlo nel proprio paese. Chiediamo regolamenti uniformi», ha ribadito Cenci. «Questo è uno dei motivi per cui sponsorizzo il biodigestore a Villa Agnedo», ha spiegato il presidente della Comunità Sandro Dandrea.

In mattinata anche il saluto del presidente della Federazione trentina Silvano Rauzi e l'intervento della direttrice dell'ufficio agricoltura di Borgo Stella Caden sulle agevolazioni (indennità compensative, sfalci, con le domande per investimenti in strutture e nuovi insediamenti possibili solo dopo settembre). Infine il responsabile del Servizio veterinario dell'Apss Giovanbattista Turra ha ricordato l'importanza della profilassi in quanto tra Alta, Bassa Valsugana e Primiero si sono registrati 23 allevamenti con capi positivi alla paratubercolosi. Un incidenza che per la Bassa Valsugana è del 13%, migliore rispetto alla Val di Non dove è il 25% degli allevamenti ad avere almeno un capo malato. Turra ha invitato gli allevatori a segnalare eventuali sintomi (i capi vanno abbattuti, altrimenti ammalano anche gli altri), ricordando che si è registrato un caso di Bvd e che ci sono ancora solo 5 allevamenti positivi all'Ibr, che negli ultimi 15 anni è stata quasi debellata.













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