TRAGEDIE IN MONTAGNA

Valanghe, alpinisti contrari alla proposta del carcere

Favorevole il procuratore di Trento, contrari gli esperti del settore: "Così si uccide l'alpinismo"


Andrea Selva


TRENTO. Otto morti in un fine settimana sotto le valanghe cadute su tutto l’arco alpino, un sopravvissuto sui versanti trentini della Vigolana (per miracolo, dicono i soccorritori) e una scia di polemiche: «In carcere i pirati della neve» annunciano i senatori della maggioranza. Il procuratore Stefano Dragone sarebbe favorevole, ma il mondo della montagna si ribella: «Così si uccide l’alpinismo».
 Stefano Bianchini, l’agricoltore di Vigolo Vattaro estratto vivo dalle nevi della Vigolana, è fuori pericolo. E’ andata molto peggio alle otto vittime contate su tutti i versanti delle Alpi e da Roma arriva l’annuncio di una stretta - carcere per chi provoca valanghe - che forse è frettoloso visto che le cronache trentine insegnano che il carcere è già previsto: era il 2001 quando due olandesi (poi assolti) finirono in cella per una valanga mortale a Pampeago. E pochi mesi prima era toccato a una guida alpina altoatesina, successivamente condannata per il distacco di un’enorme valanga, per fortuna senza vittime.
 Il procuratore Stefano Dragone comunque è d’accordo a un inasprimento delle pene, pari almeno a quelle di chi provoca tragedie stradali. E ancora: «Va visto con favore il sanzionamento di chi scia fuori pista in condizioni di pericolo. E va riempito un vuoto legislativo: di chi è la responsabilità per la morte di un soccorritore?».
 Ma il dibattito giudiziario innervosisce l’alpinista Reinhold Messner: «La minaccia di multe e carcere per chi provoca una valanga è una reazione isterica. Così si uccide l’alpinismo. Già oggi la legge è chiara: l’omicidio colposo resta l’omicidio colposo ma nessuna legge può vietare di rischiare la propria pelle in montagna».
 Il presidente del soccorso alpino trentino, Maurizio Dellantonio la pensa allo stesso modo: «L’inasprimento delle sanzioni non è la strada giusta, anche perché nessuno sarebbe in grado di garantire l’applicazione di una norma del genere: chi stabilisce se uno è sprovveduto o meno? I bollettini, ad esempio, sono uno strumento generale non una legge». E allora Dellantonio pensa a potenziare l’aspetto formativo ed educativo: «Partiamo dai giovani». E magari all’introduzione di un ticket per chi chiama i soccorsi via terra senza che ci sia una reale emergenza sanitaria, come già si fa per l’elicottero: «L’importante è che su questo tutto il mondo della montagna sia d’accordo». Anche il capo della protezione civile trentina, Raffaele De Col, non vede di buon occhio multe e carcere: «Però di leggi lasciamo che se ne occupino i parlamentari. Da parte nostra puntiamo sulla formazione, con un progetto che partirà nelle scuole in collaborazione con il soccorso alpino».
 Per le guide alpine Walter Vidi commenta così: «Abbiamo avuto molti morti in pochi giorni, non è possibile decidere ora il futuro della montagna: attendiamo che passi l’emozione, perché ora c’è un allarmismo esagerato che porta a soluzioni assurde come “chiudere le montagne” alla gente». Intanto il bollettino nivometeo continua a indicare un pericolo marcato di valanghe (grado 3 su 5) sui versanti del Trentino e dell’Alto Adige













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