«Usato come wc pubblico» E di giorno chiude il bar

Drastica (e polemica) decisione di Veronesi, titolare del Rivabar: «Apro alle 17. Qui ogni mattina arrivano 20 pullman, assurdo che non ci siano i servizi igienici»


di Matteo Cassol


RIVA. In seguito ai lavori, durati poco più di un mese, che hanno comportato il rifacimento di gran parte degli spazi interni, Leo Veronesi, il popolare gestore del Rivabar di largo Medaglie d’Oro, ha deciso di non riaprire in orario mattutino e diurno il proprio locale. Il motivo non è la crisi economica o la mancanza di giro di affari, ma l’esasperazione: non ne poteva più di sobbarcarsi gli effetti di quella che ritiene una gravissima lacuna della zona, quella dei wc pubblici.

«Nel parcheggio antistante al bar – spiega il titolare – arrivano qualcosa come una ventina di pullman al giorno; delle persone che scendono, almeno tre quarti per forza di cose (essendo di solito pure anziani) hanno bisogno del bagno e, non trovando dei servizi pubblici, sono costretti a cercare fortuna nei locali delle vicinanze. Il risultato, visto che siamo il posto più a tiro, era che ci trovavamo a gestire processioni verso la toilette, che alle dieci di mattina erano già impresentabili, come se ci fosse morto dentro qualcuno. E così non si riusciva più a vivere: lavoravamo per il Comune e l'Apm, senza che però loro ci pagassero, peraltro a discapito della nostra attività».

Ecco dunque la drastica decisione del dimezzamento dell’offerta: «Mi dispiace – dice Veronesi – per la mia clientela diurna, perché comunque un giro anche a quell'ora ce l'avevo, ma capiscono anche loro che non si poteva andare avanti così. Ultimamente avevamo anche provato a far pagare noi l'utilizzo del bagno, ma tra scontrini, carta igienica e cambio monete serviva una persona che si dedicasse solo a quello e si andava fuori di testa, oltre ad avere una costante coda che disturbava i nostri avventori».

Il noto barista sostiene di aver da tempo segnalato il problema all’amministrazione comunale e ad Apm: «Sembra tuttavia esserci un totale disinteresse in tal senso, con uno scaricabarile da un referente all'altro. Fatto sta che i bagni pubblici non ci sono: ce n'è uno di quelli a gettone, ma è appunto uno solo e per gran parte dell'anno non funziona. E il Palacongressi apre i bagni del tendone solo ad agosto, il mese in cui di pullman ce ne sono meno. Però hanno fatto le casette per cambiare i bambini, che costano tanto e non servono praticamente a nulla. È una carenza incredibile: si fa pagare un parcheggio due euro all'ora e non si dà neanche un bagno. E i turisti, molti dei quali scendono dal pullman di corsa, giustamente si arrabbiano e magari la vanno a fare nei cespugli, soprattutto ora che siamo chiusi».

Questa vicenda offre il destro a Veronesi per criticare la politica dell’accoglienza: «Se sei una località turistica – argomenta – devi predisporti come tale, altrimenti togli il cartello: è sacrosanto preoccuparsi per il destino delle Cartiere, ma l'indotto turistico impatta sull'occupazione locale quasi dieci volte tanto e di quello sembra non ci si preoccupi, tant'è che mancano persino i servizi più basilari come, appunto, i servizi. Ho proposto al Comune di fare dei wc pubblici dandoli in appalto a un prezzo ragionevole: questo risolverebbe una grave mancanza e creerebbe un posto di lavoro, invece adesso si sono persi i tre delle persone che ho lasciato a casa perché non apro più la mattina. Quindi nel complesso – conclude Veronesi – quattro posti di lavoro buttati». Nella toilette, eufemisticamente.

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