Un mare di amianto sui tetti trentini

Il Pd presenta un disegno di legge: incentivi a chi accelera le bonifiche


Alessandro Maranesi


TRENTO. L'amianto uccide ogni anno almeno 100 mila persone. Di queste circa 4 mila sono in Italia, ma il picco, secondo l'Ispesl (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) arriverà tra il 2015 e il 2018. In Provincia di Trento i dati aggiornati dicono che ci sono più di 2,7 milioni di metri quadri (circa 350 campi da calcio) di tetti che sono ancora ricoperti dall'eternit. Soprattutto in Vallagarina, Val d'Adige, Alto Garda e Giudicarie. La pericolosità dipende dallo stato di conservazione, ma la cifra fa comunque paura. Una cifra per difetto, visto che le tecnologie usate non individuano le superfici inferiori ai 15 metri quadrati. Senza contare che gli edifici costruiti fino al 1992, anno in cui l'amianto è stato bandito, contengono fibre del materiale killer spruzzato sui muri, nelle canne fumarie o, ancora, sui tetti. Che poi si può annidare nel corpo umano per colpire anche dopo 40 anni. E poi ci sono gli elettrodomestici, per i quali la questione è ancora più spinosa: nonostante il divieto ormai ventennale anche solo ad importare beni contenenti amianto «è probabile che oggetti provenienti dall'Asia, come ferri da stiro o guanti da forno, siano fatti usando l'amianto. I controlli vengono fatti a campione e non possono garantire la totale sicurezza» spiega Michele Nardelli (Pd) primo firmatario di un disegno di legge volto a modificare la normativa trentina in materia di amianto. «L'attuale impianto legislativo risale al'98 e stiamo terminando ora la mappatura dei tetti potenzialmente a rischio. L'Azienda sanitaria sta inoltre provvedendo a formare 40 specialisti che dovranno redigere una mappa della pericolosità comune per comune» continua Nardelli. «Il ddl sarà una svolta nell'ambito dell'inquinamento ambientale, che vede il Trentino all'avanguardia» - rileva Luca Zeni (Pd), anche lui tra i firmatari. Infatti se la legge passasse si arriverebbe ad avere innanzitutto un piano con cui creare impianti di smaltimento e delle condizioni per una serie di interventi sugli stabili a rischio, sia pubblici che privati. Ad esempio, il sindaco di un paese che volesse mettere in sicurezza la scuola elementare o l'asilo del suo comune riceverebbe un contributo tanto maggiore tanto più sarà veloce nella bonifica (dal 70% se fatta entro 2 anni fino 30% se fatta entro 6). Allo stesso modo anche il privato che intendesse eliminare il rischio amianto in casa o azienda riceverebbe un aiuto pubblico (in percentuali però non ancora decise). Tutto questo vale per gli edifici che non siano stati certificati come immediatamente pericolosi. Infatti, per gli altri, sia pubblici che privati, scatta l'obbligo di svolgere immediatamente i lavori. E se il proprietario si rifiutasse lo farebbe la Provincia, facendogli poi pagare il costo totale dei lavori. Un meccanismo premiale, che dovrebbe anche servire ad eliminare il rischio dello smaltimento illegale.













Scuola & Ricerca

In primo piano