Uccise la sua ex, condannato a 30 anni

Nessuno «sconto» per l’avvocato Vittorio Ciccolini. I suoi difensori: faremo appello. Lacrime e abbracci dopo la sentenza



TRENTO. Nessuno sconto, nessuna attenuante. Trent’anni di carcere, questa è la condanna letta alle 14.15 di ieri dal giudice Ancona per Vittorio Ciccolini l’avvocato veronese che ha ucciso a forza di coltellate l’ex fidanzata Lucia Bellucci. Era il 9 agosto dello scorso anno quando l’uomo, dopo una cena a due, affondò l’arma nel corpo della donna che era seduta accanto a lui nella macchina parcheggiata in una piazzola fra Pinzolo e Campiglio. Sollevò il corpo senza vita della donna e lo rinchiuse nel bagagliaio della Bmw cabriolet. Iniziò a vagare senza meta. L'arresto il lunedì successivo , a Verona, da parte dei carabinieri. Da quel giorno Ciccolini è in carcere e in cella resterà per molti anni. I suoi difensori - Stefenelli e De Luca - si preparano all'appello ma se nulla cambierà l'uomo sarà carcerato per almeno una ventina di anni.

«Questa è l’unica decisione che poteva essere presa - commenta Elisa, la sorella di Lucia dopo la sentenza - così non ci è stato regalato nulla. Noi in questa storia abbiamo solo perso, abbiamo perso Lucia». Ci sono stati lacrime e abbracci dopo la lettura della sentenza. Ad attenderla, i genitori della ragazza uccisa, il fratello gemello, la sorella, tanti parenti e amici. E con la fascia tricolore in mano si è presentato anche il sindaco di Pergola (paese marchigiano dove Lucia viveva) Francesco Badelli a testimoniare di quanto il delitto abbia colpito la comunità.

L’udienza è iniziata alle 11.30 e ha preso la parola il pubblico ministero Maria Colpani che nella requisitoria, ha letto anche due brani del libro scritto da Ciccolini e trovato nel suo pc durante le indagini. Parole che sono state usate per dimostrare la premeditazione dell’omicidio visto che la storia narrata assomigliava molto a quella che era stata la relazione fra Ciccolini e Bellucci e al triste epilogo. Tre le aggravanti che sono state contestate all’avvocato veronese: la premeditazione (secondo l’accusa era da febbraio che l’uomo pensava di togliere la vita a quella che era stata la sua compagna), la minorata difesa (lei aveva bevuto ed era stata portata in una zona isolata di notte, quindi con poche possibilità di scappare al suo terribile destino) e i motivi abbietti. Sì perché secondo la procura non era stata la gelosia a muovere le mani di Ciccolini (che prima di pugnalare la donna l’aveva anche strozzata) ma il fatto che lei lo avesse rifiutato, che non volesse ricominciare una storia con lui.

Hanno quindi preso la parola le parti civili - si sono costituiti i genitori di Lucia, il fratello gemello, la sorella, l’ex marito, il fidanzato della donna e l’associazione «Isolina» - e alla fine la difesa di Ciccolini che ha puntato, fra l’altro, sulla mancanza di premeditazione. Ci si aspettava una proposta di risarcimento in denaro contante, ma questa non è arrivata e si è rimasti alla vecchia proposta. Ossia la macchina (sì, quella in cui Lucia era stata uccisa e nascosta), l’appartamento dell’uomo e delle partecipazioni. Proposta mai accettata. Dopo una brevissima camera di consiglio la decisione: trent’anni di carcere, ossia il giudice ha accolto le richieste della procura, il massimo che è previsto nel rito abbreviato.

Come detto i difensori già annunciano l’appello, e come sempre nemmeno ieri in aula si è presentato Ciccolini. Decisa anche l’interdizione dai pubblici uffici e i risarcimenti che ammontano a circa 450 mila euro: 190 mila per il padre di Lucia, 164 mila per la madre, 25 mila euro a testa per i fratelli e 15 mila per ex marito, fidanzato e «Isolina». «Ma del risarcimento a noi non interessa nulla. È la condanna a 30 anni il punto fondamentale» spiega l’avvocato dei Bellucci, Giuseppe Galli. ©RIPRODUZIONE RISERVATA













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