Truffa sui rimborsi, ora deve restituirli 

Il commissario dell’Associazione invalidi civili dal 2013 al 2016 avrebbe preso 750 euro al mese. Deve ridare 25 mila euro



TRENTO. Un compenso per la collaborazione trasformato in un rimborso chilometrico e rimborso per le trasferte durante le missioni. È questo che ha messo nei guai Giuseppe Daffinà che è stato commissario dell’associazione nazionale mutilati invalidi civili (Anmic) di Trento per tre anni, dal 2013 al 2016. Un condotta che lo ha visto patteggiare in sede penale per truffa e ora è arrivata anche la condanna da parte della Corte dei Conti. Che ha deciso che dovrà risarcire la Provincia con 25 mila euro. Ossia i soldi che ha ricevuto come rimborso di trasferte che non avrebbe mai fatto.

Tutto è partito da una segnalazione arrivata alla squadra mobile che ha dato il via alle indagini per la procura penale. Diverse verifiche e diverse testimonianze hanno portato alla costruzione di un capo d’accusa corposo. Analizzate le trasferte che erano state messe al rimborso (per una quota variabile ma che si sarebbero trasformate in un’entrata fissa da 750 euro mensili) si sarebbe scoperto che «le trasferte in questione - si legge nella sentenza della Corte dei Conti - non erano state mai eseguite, e che i valori trascritti sui moduli erano stati inventati o copiati da pregresse contabilizzazioni, e che l’utenza telefonica del Daffinà in molti casi, all’epoca dei fatti, aveva impegnato celle telefoniche poco compatibili o del tutto incompatibili con le trasferte da lui stesso autocertificate». Il giudizio penale si è concluso con un patteggiamento, strada scelta per ragioni personali, non per un implicita ammissione di colpevolezza, come ha sottolineato l’avvocato difensore. Che ha anche spiegato come «il direttivo Anmic aveva approvato un compenso forfettario mensile pari a 750 euro come rimborso chilometrico, telefonico e a titolo di indennizzo per consulenza/collaborazione» tanto che non si era costituito parte civile nella causa penale. Ed è stato spiegato anche che non ci sarebbe stato un danno alla Provincia (che prevede contributi per l’associazione che ha carattere privatistico) visto che il contributo percepito non era coperto né dal contributo provinciale, né dal 5x1000 di provenienza statale. Diversa la posizione del pubblico ministero, accolta dai giudici. «La giunta provinciale - si legge in sentenza - dopo avere indicato le finalità alle quali sono indirizzate le contribuzioni, ammette il finanziamento di tutte le spese esposte nei bilanci dell’associazione, escludendone tuttavia alcune tipologie ritenute non ammissibili, tra le quali figurano le “indennità di carica e gettoni presenza agli amministratori”». I rimborsi fanno invece parte delle spese e se un’associazione documenta più spese rispetto alle entrate, il contributo sarà maggiore. Da qui la decisione finale che ha condannato l’ex commissario al pagamento di 25 mila euro in favore della Provincia.

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